Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. 8 Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.
Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!
PROTEGGERE LA GRAZIA SOTTO LA SALVAGUARDIA DELL'UMILTA'
O figlio, è per te cosa assai utile e sicura tenere nascosta la grazia della devozione; non insuperbirne, non continuare a parlarne e neppure a ripensarci molto. Disprezza, invece, temendo questa grazia come data a uno che non ne era degno. Non devi attaccarti troppo forte a un tale slancio devoto, che subitamente può trasformarsi in un sentimento contrario. Nel tempo della grazia ripensa a quanto, di solito, sei misero e povero senza la grazia. Un progresso nella vita spirituale non lo avrai raggiunto quando avrai avuto la grazia della consolazione, ma quando, con umiltà, abnegazione e pazienza, avrai saputo sopportare che essa ti sia tolta. Cosicché, neppure allora, tu sia pigro nell'amore alla preghiera o lasci cadere del tutto le abituali opere di pietà; anzi, tu faccia volenterosamente tutto quanto è in te, come meglio potrai e saprai, senza lasciarti andare del tutto a causa dell'aridità e dell'ansietà spirituale che senti.
Molti, non appena accade qualcosa di male, si fanno tosto impazienti e perdono la buona volontà. Ma le vie dell'uomo non dipendono sempre da lui. E' Dio che può dare e consolare, quando vuole e quanto vuole e a chi egli vuole; nella misura che gli piacerà e non di più. Molti, poi, fattisi arditi per il fatto che sentivano la grazia della devozione, procurarono la loro rovina: essi vollero fare di più di quanto era nelle loro possibilità, non considerando la propria pochezza e seguendo l'impulso del cuore piuttosto che il giudizio della ragione. Presunsero di poter fare più di quello che era nella volontà di Dio; perciò d'un tratto persero la grazia. Essi, che avevano posto il loro nido nel cielo, restarono a mani vuote, abbandonati alla loro miseria; cosicché, umiliati e spogliati, imparassero, a non volare con le loro ali, ma a star sotto le mie ali, nella speranza. Coloro che sono ancora novellini e inesperti nella via del Signore facilmente si ingannano e cadono, se non si attaccano al consiglio di persone elette. E se vogliono seguire quello che loro sembra giusto, anziché affidarsi ad altri più esperti, finiranno male, a meno che non vogliano ritrarsi dal proprio interno. Coloro che si credono sapienti di per sé, di rado si lasciano umilmente guidare da altri. Sennonché uno scarso sapere e una modesta capacità di comprendere, accompagnati dall'umiltà, valgono di più di un gran tesoro di scienza, accompagnato dal vuoto compiacimento di sé. E' meglio per te avere poco, piuttosto che molto; del molto potresti insuperbire.
Non agisce con sufficiente saggezza colui che, avendo la grazia, si dà interamente alla gioia, senza pensare alla sua miseria di prima e alla purezza che si deve aver nel timore di Dio; timore cioè di perdere quella grazia che gli era stata data. Così non dimostra di avere sufficiente virtù colui che, al momento dell'avversità o in altra circostanza che lo opprima, si dispera eccessivamente e concepisce, nei confronti, pensieri e sentimenti di fiducia meno piena di quanto mi si dovrebbe. Al momento della lotta, si troverà spesso estremamente abbattuto e pieno di paura proprio colui che, in tempo di quiete, avrà voluto essere troppo sicuro. Se tu, invece, riuscissi a restare umile e piccolo in te stesso, e a ben governare e dirigere il tuo spirito non cadresti così facilmente nel pericolo e nel peccato. Un buon consiglio è questo, che, quando hai nell'animo uno speciale ardore spirituale, tu consideri bene quello che potrà accadere se verrà meno tale luce interiore. Quando poi ciò accadesse, pensa che poi di nuovo possa tornare quella luce che per un certo tempo ti ha tolta, per tua sicurezza e per la mia gloria. Infatti, subire una simile prova è spesso a te più utile che godere stabilmente di una situazione tranquilla, secondo il tuo piacere. In verità i meriti non si valutano secondo questo criterio, che uno abbia frequenti visioni, o riceva particolari gioie interiori, o sia posto in un grado più alto. Ma piuttosto secondo questo criterio, che uno sia radicato nella vera umiltà e ripieno dell'amore divino; che ricerchi sempre soltanto e interamente di rendere gloria a Dio; che consideri se stesso un nulla; che si disprezzi veramente e preferisca perfino essere disprezzato ed umiliato dagli altri, anziché essere onorato.
NULLA DI BUONO HA L'UOMO DA SE' E DI NULLA PUO' VANTARSI
"O Signore, che cosa è l'uomo, che tu abbia a ricordarti di lui? Che cosa è il figlio dell'uomo, che tu venga a lui?" (Sal 8,5). Quali meriti ha mai l'uomo, perché tu gli dia la tua grazia? O Signore, di che posso lamentarmi se mi abbandoni; che cosa posso, a buon diritto, addurre se tu non mi concedi quello che chiedo? Soltanto questo, in verità, posso dire, con certezza, in cuor mio: Signore, nulla io sono, nulla posso, nulla di buono io ho da me stesso; anzi fallisco in ogni cosa, tendendo sempre al nulla. Se non vengo aiutato da te e plasmato interiormente, mi infiacchisco totalmente e mi abbandono. "Invece tu, o Signore, sei sempre te stesso e tale resti in eterno" (Sal 101, 28.31), immutabilmente buono, giusto, santo, talché fai e disponi ogni cosa con sapienza. Io, invece, essendo più pronto a regredire che ad avanzare, non mi mantengo sempre nella stessa condizione; che anzi "sette tempi diversi passano sopra di me" (Dn 4, 13.20.22); anche se il mio stato può, d'un tratto, mutarsi in meglio, non appena tu lo vuoi, e mi porgi la mano soccorritrice. Da te solo, infatti, non già dall'uomo soccorso, mi può venire l'aiuto e il dono della fermezza, cosicché la mia faccia non muti continuamente, e il mio cuore si volga solo a te, e in te trovi pace. Dunque, se io fossi capace di disprezzare ogni consolazione degli uomini - sia per conseguire maggior fervore, sia per rispondere al bisogno di cercare te, in mancanza di chi mi possa confortare - allora potrei fondatamente sperare nella tua grazia ed esultare del dono di una rinnovellata consolazione.
Siano rese grazie a te; a te dal quale tutto discende, se qualcosa di buono mi accade. Ché io non sono altro che vanità, "anzi un nulla, al tuo cospetto" (Sal 38, 6), un uomo incostante e debole. Di che cosa posso io vantarmi; come posso pretendere di essere stimato? Forse per quel nulla che io sono? Sarebbe vanità sempre più grande. O veramente vuota vanteria, peste infame, massima presunzione, che distoglie dalla vera gloria, privandoci della grazia del cielo. Giacché mentre si compiace di se stesso, l'uomo dispiace a te; mentre ambisce ad essere lodato dagli altri, si spoglia della vera virtù. Vera gloria, invece, e gaudio santo, è gloriarci in te, non in noi; trovare compiacimento nel tuo nome, non nella nostra virtù; non cercare diletto in alcuna creatura, se non per te. Sia lodato il tuo nome, non il mio; siano esaltate le tue opere, non le mie; sia benedetto il tuo nome santo, e a me non sia data lode alcuna da parte degli uomini. Tu sei la mia gloria e la gioia del mio cuore; in te esulterò e mi glorierò sempre: "per nulla invece in me, se non nella mia debolezza" (Cor 12,5). Lasciando ai Farisei il cercare gloria gli uni dagli altri, io cercherò quella gloria che viene solo da Dio. A confronto della tua gloria eterna, è vanità e stoltezza ogni lode che viene dagli uomini, ogni onore di quaggiù, ogni mondana grandezza. O mia verità e mia misericordia, mio Dio, Trinità beata, a te solo sia lode, onore, virtù e gloria, per gli infiniti secoli dei secoli!
Gli esempi dei grandi padri santi
Guarda ai luminosi esempi dei grandi santi padri, nei quali rifulse una pietà veramente perfetta e vedrai come sia ben poco, e quasi nulla, quello che facciamo noi. Ahimé!, che cosa è la nostra vita, paragonata alla vita di quei santi? Veramente santi, e amici di Cristo, costoro servirono il Signore nella fame e nella sete; nel freddo, senza avere di che coprirsi; nel faticoso lavoro; nelle veglie e nei digiuni; nelle preghiere e nelle pie meditazioni; spesso nelle ingiurie e nelle persecuzioni. Quante tribolazioni, e quanto gravi, hanno patito gli apostoli, i martiri, i testimoni della fede, le vergini e tutti gli altri che vollero seguire le orme di Cristo; essi infatti, ebbero in odio se stessi in questo mondo, per possedere le loro anime nella vita eterna. Quale vita rigorosa, e piena di rinunce, vissero questi grandi padri nel deserto; quante lunghe e gravi tentazioni ebbero a sopportare; quanto spesso furono tormentati dal diavolo; quante ripetute e fervide preghiere offrirono a Dio; quali dure astinenze seppero sopportare. Come furono grandi l'ardore e il fervore con i quali mirarono al loro progresso spirituale; come fu coraggiosa la battaglia che essi fecero per vincere i loro vizi; come fu piena e retta la loro intenzione, che essi tennero sempre volta a Dio! Lavoravano per tutta la giornata, e la notte la passavano in continua preghiera; ma neppure durante il lavoro veniva mai meno in loro l'orazione interiore. Tutto il loro tempo era impiegato utilmente; e a loro sembrava troppo corta ogni ora dedicata a Dio; ancora, per la grande soavità della contemplazione, dimenticavano persino la necessità di rifocillare il corpo. Rinunciavano a tutte le ricchezze, alle cariche, agli onori, alle amicizie e alle parentele; nulla volevano avere delle cose del mondo; mangiavano appena quanto era necessario alla vita e si lamentavano quando si dovevano sottomettere a necessità materiali.
Gli esempi dei grandi padri santi
Erano poveri di cose terrene, molto ricchi invece di grazia e di virtù; esteriormente miserabili, ricompensati però interiormente dalla grazia e dalla consolazione divina; lontani dal mondo, ma vicini a Dio, amici intimi di Dio,; si ritenevano un nulla ed erano disprezzati dagli uomini, ma erano preziosi e cari agli occhi di Dio. Stavano in sincera umiltà, vivevano in schietta obbedienza; camminavano in amore e sapienza: per questo progredivano spiritualmente ogni giorno, e ottenevano tanta grazia presso Dio. Essi sono offerti come esempio per tutti coloro che si sono dati alla vita religiosa; essi ci devono indurre all'avanzamento nel bene, più che non ci induca al rilassamento la schiera delle persone poco fervorose.
Quanto fu grande l'ardore di questi uomini di Dio, quando diedero inizio alle loro istituzioni. Quale devozione nella preghiera, quale slancio nella vita, quale rigore in esso vigoreggiò; quanto rispetto e quanta docilità sotto la regola del maestro fiorì in tutti loro. Restano ancora certi ruderi abbandonati, ad attestare che furono veramente uomini santi e perfetti, costoro, che con una strenua lotta, schiacciarono il mondo. Oggi, invece, già uno è ritenuto buono se non tradisce la fede; se riesce a sopportare con pazienza quel che gli tocca. Tale è la nostra attuale condizione di negligente tiepidezza, che ben presto cadiamo nel fervore iniziale; pigri e stanchi, già ci viene a noia la vita. Voglia il cielo che in te non si vada spegnendo del tutto l'avanzamento nelle virtù; in te che frequentemente hai avuto sotto gli occhi gli esempi dei santi.
Resistere alle tentazioni
Finché saremo al mondo, non potremo essere senza tribolazioni e tentazioni; infatti sta scritto nel libro di Giobbe che la vita dell'uomo sulla terra (Gb 7,1) è tutta una tentazione. Ognuno dovrebbe, dunque, stare attento alle tentazioni e vigilare in preghiera (1Pt 4,7), affinché il diavolo non trovi il punto dove possa esercitare il suo inganno; il diavolo, che mai non posa, ma va attorno cercando chi possa divorare (1Pt 5,8). Nessuno è così avanzato nella perfezione e così santo da non aver talvolta delle tentazioni. Andare esenti del tutto da esse non possiamo. Tuttavia, per quanto siano moleste e gravose, le tentazioni spesso sono assai utili; perché, a causa delle tentazioni, l'uomo viene umiliato, purificato e istruito. I santi passarono tutti per molte tribolazioni e tentazioni, e progredirono; invece coloro che non seppero sostenere le tentazioni si pervertirono e tradirono. Non esiste una istituzione così perfetta, o un luogo così nascosto, dove non si trovano tentazioni e avversità. L'uomo non è mai del tutto esente dalla tentazione, fin che vive. Ciò per cui siamo tentati è dentro di noi, poiché siamo nati nella concupiscenza. Se vien meno una tentazione o tribolazione, un'altra ne sopraggiunge e c'è sempre qualcosa da sopportare, perché abbiamo perduto il bene della nostra felicità. Molti, di fronte alle tentazioni, cercano di fuggire, ma cadono poi in esse anche più gravemente. Non possiamo vincere semplicemente con la fuga; ma è con la sopportazione e con la vera umiltà che saremo più forti di ogni nemico. Ben poco progredirà colui che si allontana un pochino e superficialmente dalle tentazioni, senza sradicarle: tosto ritorneranno ed egli sarà ancor peggio. Vincerai più facilmente, a poco a poco, con una generosa pazienza e con l'aiuto di Dio; più facilmente che insistendo cocciutamente nel tuo sforzo personale. Accogli frequentemente il consiglio di altri, quando sei nella tentazione; e non essere aspro con colui che è tentato, ma dagli conforto, come desidereresti fosse fatto a te.
Resistere alle tentazioni
Causa prima di ogni perversa tentazione è la mancanza di stabilità spirituale e la scarsezza di fiducia in Dio; giacché, come una nave senza timone viene spinta qua e là dalle onde, così l'uomo infiacchito, che abbandona i suoi propositi, viene in vario modo tentato. Come il fuoco serve a saggiare il ferro (Sir 31,26), così la tentazione serve a saggiare la santità di una persona (Sir 27,6). Quali possibilità ciascuno abbia in potenza, spesso non lo sappiamo; ma la tentazione dispiega palesemente ciò che siamo. Tuttavia bisogna vigilare, particolarmente intorno all'inizio della tentazione; poiché il nemico si vince più facilmente se non gli si permette per nulla di varcare le porte della nostra mente; e se gli si sbarra la strada al di là della soglia, non appena abbia bussato. Di qui il detto: "resisti agli inizi; è troppo tardi quando si prepara la medicina" (Ovidio, Remedia amoris, II,91). Infatti, dapprima viene alla mente un semplice pensiero, di poi una forte immaginazione, infine un compiacimento, un impulso cattivo e un'acquiescenza. E così, piano piano, il nemico malvagio penetra del tutto, proprio perché non gli si è resistito all'inizio. E quanto più a lungo uno ha tardato torpidamente a resistere, tanto più si è, via via, interiormente indebolito, mentre il nemico è andato crescendo di forze contro di lui.
Alcuni sentono le maggiori tentazioni al principio della loro conversione a Dio; altri invece alla fine. Alcuni sono fortemente turbati pressoché per tutta la vita; altri sentono tentazioni piuttosto lievi: secondo quanto dispongono la sapienza e la giustizia di Dio, le quali pesano la condizione e i meriti di ciascuno e preordinano ogni cosa alla salvezza degli eletti. Perciò non dobbiamo lasciarci cogliere dalla disperazione, quando siamo tentati. Dobbiamo invece, pregare Iddio ancor più fervorosamente, affinché si degni di aiutarci in ogni tentazione; Lui che, in verità, secondo quanto dice Paolo (1Cor 10,13), farà in modo che la tentazione sia accompagnata dai mezzi per poterla sopportare. Abbassiamo, dunque, in umiltà, l'anima nostra sotto la mano di Dio, quando siamo tentati e tribolati, giacché il Signore salverà gli umili di spirito e li innalzerà (1Pt 5,6; Sal 33,19). Quanto uno abbia progredito si dimostra nella tentazione e nella tribolazione; qui sta il suo maggior merito; qui appare più chiaramente la sua virtù. Non è gran cosa esser devoti e fervorosi quando non si hanno difficoltà; sapere invece sopportare se stessi nel momento dell'avversità dà a sperare in un grande avanzamento spirituale. Avviene che alcuni sono al riparo da grandi tentazioni, ma sono spesso sconfitti nelle piccole tentazioni di ogni giorno; e così, umiliati per essere caduti in cose tanto da poco, non ripongono più fiducia in se stessi, nelle cose più grandi.
Dolce cosa abbandonare il mondo e servire a Dio
Parlerò ancora, e non tacerò; dirò all'orecchio del mio Dio, mio signore e mio re, che sta nei cieli: se "è tanto grande e sovrabbondante, o Signore, la dolcezza che hai preparato per coloro che ti temono" (Sal 30,20), che cosa sei tu, per coloro che ti amano e per coloro che ti servono con tutto il cuore? Davvero ineffabile è la dolcezza della tua contemplazione, che tu concedi a coloro che ti amano. Ecco dove massimamente mostrasti la soavità del tuo amore per me: non ero, e mi hai creato; mi ero allontanato da te, e tu mi hai ricondotto a servirti; infine mi hai comandato di amarti. Oh!, fonte di eterno amore, che potrò dire di te; come mi potrò dimenticare di te, che ti sei degnato di ricordarti di me, dopo che mi ero perduto nel marciume? Hai usato misericordia con il tuo servo, al di là di ogni speranza; gli hai offerto grazia ed amicizia, al di là di ogni merito. Che cosa mai potrò dare in cambio di un tal beneficio? Giacché non a tutti è concesso di abbandonare ogni cosa, di rinunciare al mondo e di scegliere la vita del monastero.
E' forse gran cosa che io serva a te, al quale ogni creatura deve servire? Non già il servirti mi deve sembrare gran cosa; piuttosto mi deve sembrare grande e meraviglioso che tu, unendolo ad eletti tuoi servi, ti degni di accogliere quale servo, uno come me, così misero e privo di meriti. A te appartiene chiaramente tutto ciò che io posseggo e con cui ti servo. E invece sei tu che mi servi, più di quanto io non serva te. Ecco, tutto fanno prontamente, secondo il tuo comando, il cielo e la terra, che tu hai creati per servizio dell'uomo. E questo è ancor poco; ché anche gli angeli li hai predisposti per servizio dell'uomo. Ma, al di sopra di tutto ciò, sta il fatto che tu stesso ti sei degnato di servire l'uomo, promettendogli in dono te stesso. E io che darò, in cambio di tutti questi innumerevoli benefici? Potessi stare al tuo servizio tutti i giorni della mia vita; potessi almeno riuscire a servirti degnamente per un solo giorno. In verità, a te è dovuto ogni servizio, ogni onore e ogni lode, in eterno. In verità tu sei il mio Signore, ed io sono il tuo misero servo, che deve porre al tuo servizio tutte le sue forze, senza mai stancarsi di cantare le tue lodi. Questo è il mio desiderio, questa è la mia volontà. Degnati tu di supplire alle mie deficienze.
Mettersi al tuo servizio, disprezzando ogni cosa per amor tuo, è grande onore e grande merito. Infatti, coloro che si saranno sottoposti spontaneamente al tuo santo servizio avranno grazia copiosa. Coloro che, per tuo amore, avranno lasciato ogni piacere della carne troveranno la soave consolazione dello Spirito Santo. Coloro che, per il tuo nome, saranno entrati nella via stretta, lasciando ogni cosa mondana, conseguiranno una grande libertà interiore. Quanto è grato e lieto questo servire a Dio, che rende l'uomo veramente libero e santo. Quanto è benedetta la condizione del religioso servizio, che rende l'uomo simile agli angeli: compiacenza di Dio, terrore dei demoni, esempio ai fedeli. Con indefettibile desiderio dobbiamo, dunque, abbracciare un tale servizio, che ci assicura il sommo bene e ci fa conseguire una gioia perenne, senza fine.
Correggere fervorosamente tutta la nostra vita
Che tu sia attento e preciso, nel servire Iddio; ripensa frequentemente alla ragione per la quale sei venuto qui, lasciando il mondo. Non è stato forse per vivere in Dio e farti tutto spirito? Che tu sia, dunque, fervoroso, giacché in breve tempo sarai ripagato dei tuoi sforzi; né avrai più, sul tuo orizzonte, alcun timore e dolore faticherai qui per un poco, e poi troverai una grande pace, anzi, una gioia perpetua. Se sarai costante nella fede e fervoroso nelle opere, Dio, senza dubbio, sarà giusto e generoso nella ricompensa. Che tu mantenga la santa speranza di giungere alla vittoria, anche se non è bene che tu ne abbia alcuna sicurezza, per non cadere in stato di torpore o di presunzione. Una volta, un tale, dibattuto interiormente tra il timore e la speranza, sfinito dal doloro, si prostrò in chiesa davanti ad un altare dicendo tra sé: "Oh! Se sapessi di poter perseverare!". E subito, di dentro, udì una risposta, che veniva da Dio: "Perché, se tu sapessi di poter perseverare, che cosa vorresti fare? Fallo adesso, quello che vorresti fare, e sarai del tutto tranquillo". Allora, rasserenato e confortato, egli si affidò alla volontà di Dio, e cessò in lui quella angosciosa incertezza; egli non volle più cercar di sapere quel che sarebbe stato di lui in futuro, e si diede piuttosto a cercare "quale fosse la volontà del Signore: volontà di bene e di perfezione", (Rm 12, 2) per intraprendere e portare a compimento ogni opera buona. Dice il profeta: "Spera nel Signore e fa il bene; abita la terra e nutriti delle sue ricchezze" (Sal 36,3).
Una sola cosa è quella che distoglie molta gente dal progresso spirituale e dal fervoroso sforzo di correzione: lo sgomento di fronte agli ostacoli e l'asprezza di questa lotta. Invero avanzano nelle virtù coloro che si sforzano di superare virilmente ciò che è per essi più gravoso, e che più li contrasta; giacché proprio là dove più si vince se stessi, mortificandosi nello spirito, più si guadagna, e maggior grazia si ottiene. Certo che non tutti gli uomini hanno pari forze per vincere se stessi e per mortificarsi. Tuttavia, uno che abbia tenacia e buon volere, anche se le sue passioni sono più violente, riuscirà a progredire più di un altro, pur buono, ma meno fervoroso nel tendere verso le virtù. Due cose giovano particolarmente al raggiungimento di una totale emendazione: il fare violenza a se stessi, distogliendosi dal male, a cui ciascuno è portato per natura; e il chiedere insistentemente il bene spirituale di cui ciascuno ha maggior bisogno. Inoltre tu devi fare in modo di evitare soprattutto ciò che più spesso trovi brutto in altri. Da ogni parte devi saper trarre motivo di profitto spirituale. Così, se ti capita di vedere o di ascoltare dei buoni esempi, devi ardere dal desiderio di imitarli; se, invece, ti pare che qualcosa sia degno di riprovazione, devi guardarti dal fare altrettanto; se talvolta l'hai fatto, procura di emendarti. Come il tuo occhio giudica gli altri, così, a tua volta, sarai giudicato tu dagli altri. Quale gioia e quale dolcezza, vedere dei frati pieni di fervore e di devozione, santi nella vita interiore e nella loro condotta; quale tristezza, invece, e quale dolore, vedere certi frati, che vanno di qua e di là, disordinatamente, tralasciando di praticare proprio ciò per cui sono stati chiamati! Gran danno procura, questo dimenticarsi delle promesse della propria vocazione, volgendo i desideri a cose diverse da quelle che ci vengono ordinate.
Correggere fervorosamente tutta la nostra vita
Ricordati della decisione che hai presa, e poni dinanzi ai tuoi occhi la figura del crocifisso. Riflettendo alla vita di Gesù Cristo, avrai veramente di che vergognarti, ché non hai ancora cercato di farti più simile a lui, pur essendo stato per molto tempo nella vita di Dio. Il monaco che si addestra con intensa devozione sulla vita santissima e sulla passione del Signore, vi troverà in abbondanza tutto ciò che gli può essere utile e necessario; e non dovrà cercare nulla di meglio, fuor di Gesù. Oh, come saremmo d'un colpo pienamente addottrinati se avessimo nel nostro cuore Gesù crocifisso! Il monaco pieno di fervore sopporta ogni cosa santamente e accetta ciò che gli viene imposto; invece quello negligente e tiepido trova una tribolazione sull'altra ed è angustiato per ogni verso, perché gli manca la consolazione interiore, e quella esterna gli viene preclusa. Il monaco che vive fuori della regola va incontro a piena rovina. Infatti chi tende ad una condizione piuttosto libera ed esente da disciplina sarà sempre nell'incertezza, poiché ora non gli andrà una cosa, ora un'altra. Come fanno gli altri monaci, così numerosi, che vivono ben disciplinati dalla regola del convento? Escono di rado e vivono liberi da ogni cosa; mangiano assai poveramente e vestono panni grossolani; lavorano molto e parlano poco; vegliano fino a tarda ora e si alzano per tempo; pregano a lungo, leggono spesso e si comportano strettamente secondo la regola. Guarda i Certosini, i Cistercensi, e i monaci e le monache di altri Ordini, come si alzano tutte le notti per cantare le lodi di Dio. Ora, sarebbe vergognoso che, in una cosa tanto meritoria, tu ti lasciassi prendere dalla pigrizia, mentre un grandissimo numero di monaci comincia i suoi canti di gioia, in unione con Dio. Oh!, se noi non avessimo altro da fare che lodare il Signore, nostro Dio, con tutto il cuore e con tutta la nostra voce. Oh!, se tu non avessi mai bisogno di mangiare, di bere, di dormire; e potessi invece, lodare di continuo il Signore, e occuparti soltanto delle cose dello spirito. Allora saresti più felice di adesso, che sei al servizio del tuo corpo per varie necessità. E volesse il Cielo che non ci fossero, queste necessità, e ci fossero soltanto i pasti spirituali dell'anima, che purtroppo gustiamo ben di rado.
Quando uno sarà giunto a non cercare il proprio conforto in alcuna creatura, allora egli comincerà a gustare perfettamente Dio; allora accetterà di buon grado ogni cosa che possa succedere; allora non si rallegrerà, o rattristerà, per il molto o il poco che possieda. Si rimetterà del tutto e con piena fiducia in Dio: in Dio, che per lui sarà tutto, in ogni circostanza; in Dio, agli occhi del quale nulla muove o va interamente perduto; in Dio, e per il quale ogni cosa vive, servendo senza esitazione al suo comando. Abbi sempre presente che tutto finisce e che il tempo perduto non ritorna. Non giungerai a possedere forza spirituale, se non avrai sollecitudine e diligenza. Se comincerai ad essere spiritualmente malato. Se invece ti darai tutto al fervore, troverai una grande pace, e sentirai più lieve la fatica, per la grazia di Dio e per la forza dell'amore. Tutto può, l'uomo fervido e diligente. Impresa più grande delle sudate fatiche corporali è quella di vincere i vizi e di resistere alle passioni. E colui che non sa evitare le piccole mancanze, cade, a poco a poco, in mancanze maggiori. Sarai sempre felice, la sera, se avrai spesa la giornata fruttuosamente. Vigila su te stesso, scuoti e ammonisci te stesso; checché facciano gli altri, non dimenticare te stesso. Il tuo progresso spirituale sarà pari alla violenza che avrai fatto a te stesso. Amen.
Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione». Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, 6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
METTERSI AL DI SOTTO DI TUTTI IN UMILE OBBEDIENZA, SULL'ESEMPIO DI GESU' CRISTO
Figlio, colui che tenta di sottrarsi all'obbedienza si sottrae anche alla grazia. Colui che cerca il bene suo personale perde anche il bene che è proprio del vivere in comune. Colui che non si sottopone lietamente e spontaneamente al suo superiore, dimostra che la carne non gli obbedisce ancora perfettamente, ma spesso recalcitra e mormora. Impara dunque a sottometterti prontamente al tuo superiore, se vuoi soggiogare la tua carne. Infatti, il nemico di fuori lo si vincerà più presto, se sarà stato sconfitto l'uomo interiore. Non c'è peggiore e più insidioso nemico dell'anima tua, di te stesso, quando il corpo non si accorda con lo spirito. Per avere vittoria sulla carne e sul sangue, devi assumere un totale e vero disprezzo di te. Tu hai ancora invece un eccessivo e disordinato amore di te stesso; per questo sei tanto esitante a rimetterti interamente alla volontà degli altri.
Ma che c'è di strano, se tu, polvere e nulla, ti sottoponi a un uomo, per amore di Dio, quando io, onnipotente ed altissimo, che dal nulla ho creato tutte le cose per amor tuo, mi feci piccolo fino a sottopormi all'uomo? Mi sono fatto l'ultimo e il più piccolo di tutti, proprio perché, per questo mio abbassarmi, tu potessi vincere la tua superbia. Impara ad obbedire, tu che sei polvere; impara ad umiliarti, tu che sei terra e fango; impara a piegarti sotto i piedi di tutti, a disprezzare i tuoi desideri e a metterti in totale sottomissione. Insorgi infiammato contro te stesso, e non permettere che in te si annidi la tumefazione della superbia. Dimostrati così basso e così piccolo che tutti possano camminare sopra di te e possano calpestarti come il fango della strada. Che hai da lamentare tu, uomo da nulla. Che hai tu, immondo peccatore, da contrapporre a coloro che ti accusano; tu, che tante volte hai offeso Dio, meritando assai spesso l'inferno? Ma, ecco, apparve preziosa al mio sguardo l'anima tua; ecco il mio occhio ebbe compassione di te, così che, conoscendo il mio amore, tu avessi continua gratitudine per i miei benefici ed abbracciassi, senza esitare, un'umile sottomissione, nella paziente sopportazione dell'altrui disprezzo.
In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Trattato della Vera Devozione, Nn. 81 e 82Per vuotarci di noi stessi bisogna morire ogni giorno a noi stessi: cioè bisogna rinunciare alle operazioni delle potenze della nostra anima e dei sensi del corpo, bisogna vedere come se non si vedesse, udire come se non si udisse, servirsi delle cose di questo mondo come se non ce ne si servisse, ciò che san Paolo chiama morire ogni giorno: «Cotidie morior!» (1 Cor 15,31). «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo» (Gv 12,24). Se non moriamo a noi stessi, e se le nostre devozioni, anche le più sante, non ci portano a questa morte necessaria e feconda, non porteremo nessun frutto di valore, e le nostre devozioni ci diverranno inutili, tutte le nostre opere di giustizia saranno contaminate dal nostro amor proprio e dalla nostra propria volontà, ciò che farà che Dio avrà in abominio i più grandi sacrifici e le migliori azioni che possiamo fare; e che alla nostra morte ci troveremo con le mani vuote di virtù e di meriti, e non avremo una scintilla di puro amore, che viene comunicato solo alle anime la cui vita è nascosta con Gesù Cristo in Dio.
In terzo luogo, bisogna scegliere tra tutte le devozioni alla santissima Vergine quella che ci porta maggiormente a morire a noi stessi, è questa la migliore e la più santificante; perché non bisogna credere che tutto ciò che luccica sia oro, che tutto ciò che è dolce sia miele, e tutto ciò che è facile da fare e praticato dal maggior numero sia ciò che è più santificante. Come vi sono segreti di natura per fare in poco tempo, con poca spesa e con facilità certe operazioni naturali, allo stesso modo vi sono segreti nell'ordine della grazia per fare in poco tempo, con dolcezza e facilità, operazioni soprannaturali: vuotarsi di se stessi, riempirsi di Dio e diventare perfetti.
La pratica che voglio far conoscere è uno di questi segreti di grazia, sconosciuto dalla maggior parte dei cristiani, conosciuto da pochi devoti, e praticato e gustato da un numero molto più piccolo.
Durante la prima settimana adopereranno tutte le loro preghiere e opere di pietà per chiedere la conoscenza di se stessi e la contrizione dei loro peccati: e faranno tutto in spirito di umiltà. Per questo potranno, se vogliono, meditare ciò che ho detto del nostro cattivo fondo e considerarsi, nei sei giorni di questa settimana, come lumache, lumaconi, rospi, maiali, serpenti e capri; oppure queste tre parole di S. Bernardo: «Pensa a ciò che fosti, seme corrotto; a ciò che sei, un recipiente di sterco; a ciò che sarai, cibo per i vermi». Pregheranno Nostro Signore e lo Spirito Santo di illuminarli, con queste parole: «Signore, che io veda»; o «Che io mi conosca»; o «Vieni, Spirito Santo», e diranno ogni giorno le litanie dello Spirito Santo. Ricorreranno alla santissima Vergine e le chiederanno questa grande grazia, che deve essere il fondamento delle altre, e per questo diranno ogni giorno l'Ave Maris Stella e le sue litanie.
Imitazione di Cristo: Libro 2, Capitolo 5L'ATTENTO ESAME DI SE STESSI
Non possiamo fare troppo affidamento su noi stessi, perché spesso ci manca la grazia e la capacità di sentire rettamente. Scarsa è la luce che è in noi, e subitamente la perdiamo per la nostra negligenza. Spesso poi non ci accorgiamo neppure di essere così ciechi interiormente: facciamo il male e, cosa ancora peggiore, ci andiamo scusando. Talora siamo mossi dalla passione, e la prendiamo per zelo; rimproveriamo negli altri piccole cose e passiamo sopra a quelle più grosse, commesse da noi. Avvertiamo con prontezza, e pesiamo ben bene ciò che gli altri ci fanno soffrire, ma non ci accorgiamo di quanto gli altri soffrono per causa nostra. Chi riflettesse bene e a fondo su se stesso, non giudicherebbe severamente gli altri. L'uomo interiore, prima di occuparsi di altre cose, guarda dentro di sé; e, intento diligentemente a se stesso, è portato a tacere degli altri. Solamente se starai zitto sugli altri, guardando specialmente a te stesso, giungerai a una vera e devota interiorità.
Se sarai tutto intento a te stesso e a Dio, ben poco ti scuoterà quello che sentirai dal di fuori. Sei forse da qualche parte, quando non sei presente in te? E se, dimenticando te stesso, tu avessi anche percorso il mondo intero, che giovamento ne avresti ricavato? Se vuoi avere pace e spirituale solidità, devi lasciar andare ogni cosa, e avere dinanzi agli occhi solamente te stesso. Grande sarà il tuo progresso se riuscirai a mantenerti libero da ogni preoccupazione terrena; se invece apprezzerai in qualche modo una qualsiasi cosa temporale, farai un gran passo indietro. Nulla per te sia grande, nulla eccelso, nulla gradito e caro, se non solamente Iddio, oppure cosa che venga da Dio. Considera vano ogni conforto che ti venga da qualsiasi creatura. L'anima che ama Dio disprezza tutto ciò che sia inferiore a Dio. Conforto dell'anima e vera letizia del cuore è soltanto Dio, l'eterno, l'incommensurabile, colui che riempie di sé l'universo.
IL GIUDIZIO DIVINO E LA PUNIZIONE DEI PECCATI
In ogni cosa tieni l'occhio fisso al termine finale; tieni l'occhio, cioè, a come comparirai dinanzi al giudice supremo; al giudice che vede tutto, non si lascia placare con doni, non accetta scuse; e giudica secondo giustizia (cfr. Is 11,4). Oh!, sciagurato e stolto peccatore, come potrai rispondere a Dio, il quale conosce tutto il male che hai fatto; tu che tremi talvolta alla vista del solo volto adirato di un uomo? Perché non pensi a quel che avverrà di te nel giorno del giudizio, quando nessuno potrà essere scagionato e difeso da altri, e ciascuno costituirà per se stesso un peso anche troppo grave? E' adesso che la tua fatica è producente; è adesso che il tuo pianto e il tuo sospiro possono piacere a Dio ed essere esauditi; è adesso che il tuo dolore può ripagare il male compiuto e renderti puro.
Un grave e salutare purgatorio l'ha colui che sa sopportare. Questi, ricevendo ingiustizie, si dispiace della cattiveria altrui, più che del male patito; è pronto a pregare per quelli che lo contrastano e perdona di cuore le loro colpe; non esita a chiedere perdono agli altri; è più incline ad aver compassione che ad adirarsi; fa violenza sovente a se stesso e si sforza di sottoporre interamente la carne allo spirito. Stroncare ora i vizi e purgarsi ora dai peccati è miglior cosa che lasciarli da purgare in futuro. Invero noi facciamo inganno a noi stessi amando le cose carnali, contro l'ordine stabilito da Dio. Che altro divorerà, quel fuoco, se non i tuoi peccati? Perciò, quanto più indulgi a te stesso quaggiù, seguendo la carne, tanto più duramente pagherai poi, preparando fin d'ora materiale più abbondante per quelle fiamme. Ciascuno sarà più gravemente punito in ciò in cui ebbe a peccare. Colà i pigri saranno incalzati da pungoli infuocati; e i golosi saranno tormentati da grande sete e fame. Colà sui lussuriosi e sugli amanti dei piaceri saranno versati in abbondanza pece ardente e zolfo fetido; e gli invidiosi, per il grande dolore, daranno in ululati, quali cani rabbiosi. Non ci sarà vizio che non abbia il suo speciale tormento. Colà i superbi saranno pieni di ogni smarrimento; e gli avari saranno oppressi da gravissima miseria. Un'ora trascorsa colà, nella pena, sarà più grave di cento anni passati qui in durissima penitenza. Nessuna tregua, colà, nessun conforto per i dannati; mentre quaggiù talora ci si stacca dalla fatica e si gode del sollievo degli amici.
Devi darti da fare adesso, e piangere i tuoi peccati, per poter essere senza pensiero nel giorno del giudizio. In quel giorno, infatti, i giusti staranno in piena tranquillità in faccia a coloro che li oppressero (Sap 5,1) e li calpesteranno. Starà come giudice colui che ora si sottomette umilmente al giudizio degli uomini. In quel giorno, grande speranza avranno il povero e l'umile, e sarà pieno di paura il superbo; apparirà che è stato saggio in questo mondo colui che ha saputo essere stolto e disprezzato per amore di Cristo. In quel giorno sarà cara ogni tribolazione che sia stata sofferta pazientemente, e "ogni iniquità chiuderà la sua bocca" (Sal 106,42); l'uomo pio sarà nella gioia, mentre sarà nel dolore chi è vissuto senza fede. In quel giorno il corpo tribolato godrà più che se fosse stato nutrito di delizie; risplenderà la veste grossolana e quella fine sarà oscurata; una miserabile dimora sarà più ammirata che un palazzo dorato. In quel giorno una pazienza che non sia venuta mai meno, gioverà più che tutta la potenza della terra; la schietta obbedienza sarà glorificata più che tutta l'astuzia del mondo. In quel giorno la pura e retta coscienza darà più gioia che la erudita dottrina; il disprezzo delle ricchezze varrà di più che i tesori di tutti gli uomini. In quel giorno avrai maggior gioia da una fervente preghiera che da un pranzo prelibato; trarrai più gioia dal silenzio che avrai mantenuto, che da un lungo parlare. In quel giorno le opere buone varranno di più che le molte parole; una vita rigorosa è una dura penitenza ti saranno più care di ogni piacere di questa terra.
Impara a patire un poco adesso, affinché allora tu possa essere liberato da patimenti maggiori. Prova te stesso prima, quaggiù, per sapere di che cosa sarai capace allora. Se adesso sai così poco patire, come potrai sopportare i tormenti eterni? Se adesso un piccolo patimento ti rende così incapace di sopportazione, come ti renderà la Geenna? Ecco, in verità, non le puoi avere tutte e due, queste gioie: godere in questa vita e poi regnare con Cristo. Che ti gioverebbe, se, fino ad oggi, tu fossi sempre vissuto tra gli onori e i piaceri, e ora ti accadesse di morire improvvisamente? Tutto, dunque, è vanità, fuorché amare Iddio e servire a Lui solo. E perciò, colui che ama Dio con tutto il suo cuore non ha paura né della morte, né della condanna, né del giudizio, né dell'inferno. Un amore perfetto porta con tutta sicurezza a Dio; chi invece continua ad amare il peccato ha paura e - ciò non fa meraviglia - della morte e del giudizio. Se poi non hai ancora amore bastante per star lontano dal male, è bene che almeno la paura dell'inferno ti trattenga; in effetti, chi non tiene nel giusto conto il timore di Dio non riuscirà a mantenersi a lungo nella via del bene, ma cadrà ben presto nei lacci del diavolo.
The Crafty Steward
Disse ancora ai suoi discepoli: «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Aumenta la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».
Imitazione di Cristo: Libro 3, Capitolo 47OGNI COSA GRAVOSA VA SOPPORTATA, PER CONSEGUIRE LA VITA ETERNA
O figlio, non lasciarti sopraffare dai compiti che ti sei assunto per amor mio; non lasciarti mai abbattere dalle tribolazioni. In ogni evenienza ti dia, invece, forza e consolazione la mia promessa; ché io ben so ripagare al di là di qualsiasi limite e misura. Non durerà a lungo la tua sofferenza quaggiù; non continuerà per sempre il peso dei tuoi dolori. Attendi un poco, e li vedrai finire d'un tratto, questi dolori; verrà il momento in cui fatiche ed agitazioni cesseranno. E' poca cosa, e dura poco, tutto ciò che passa con questa vita. Fa quel che devi; lavora fedelmente nella mia vigna: io stesso sarò la tua ricompensa. Scrivi, leggi, canta, piangi, taci, prega, sopporta virilmente le avversità: premio a tutto questo, alle più grandi lotte, è la vita eterna. Sarà pace, in quell'ora che sa il Signore. E non ci sarà giorno e notte, come adesso, ma perpetua luce, chiarità infinita, pace ferma e sicura tranquillità. Allora non dirai: "chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Rm 7,24); e non esclamerai "ohimé!, quanto si prolunga questo mio stare quaggiù" (Sal 119,5). Ché la morte sarà annientata e vi sarà piena salvezza, senza ombra di angustia; e, intorno a te, una gioia beata, una soave schiera gloriosa.
Oh!, se tu vedessi il premio eterno che ricevono i santi in cielo; se tu vedessi di quanta gloria esultano ora, essi che un tempo erano ritenuti spregevoli e quasi immeritevoli di vivere, per certo, ti getteresti subito a terra, preferendo essere inferiore a tutti, piuttosto che eccellere anche su di un solo; non desidereresti giorni lieti in questa vita, godendo piuttosto delle tribolazioni sopportate per amore di Dio,; infine crederesti che il guadagno più grande consiste nell'essere considerato un nulla tra gli uomini. Oh!, se queste cose avessero un gusto per te e ti scendessero nel profondo del cuore, come oseresti fare anche il più piccolo lamento? Forse che, per la vita eterna, non si deve sopportare ogni tribolazione? Non è cosa di poco conto, perdere o guadagnare il regno di Dio. Alza, dunque, il tuo sguardo al cielo: eccomi, insieme a tutti i miei santi, i quali sopportano grandi lotte, nella vita di quaggiù. Ora essi sono nella gioia, ricevono consolazione, stanno nella serenità, nella pace e nel riposo. E resteranno con me nel regno del Padre mio, per sempre.
Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. Allora Gesù li fece venire avanti e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà». Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre». Costui disse: «Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza». Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi». Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco. Quando Gesù lo vide, disse: «Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio. È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!». Quelli che ascoltavano dissero: «Allora chi potrà essere salvato?». Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio». Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato tutte le nostre cose e ti abbiamo seguito». Ed egli rispose: «In verità vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».
Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.
Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
[...] Non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
La difficoltà sta dunque nel saper trovare veramente la divina Maria per trovare l'abbondanza di ogni grazia. Dio, quale signore assoluto, può comunicare da se stesso ciò che comunica ordinariamente solo attraverso Maria, e non si può negare, senza temerarietà, che talvolta lo faccia. Tuttavia, dice san Tommaso, secondo l'ordine stabilito dalla divina Sapienza, non si comunica ordinariamente agli uomini che per mezzo di Maria nell'ordine della grazia. Per salire e per unirsi a lui, bisogna servirsi dello stesso mezzo di cui si è servito per discendere a noi, per farsi uomo e per comunicarci le sue grazie. Tale mezzo è una vera devozione alla Madonna. In realtà vi sono parecchie vere devozioni alla Madonna. Non intendo parlare qui delle false.
In primo luogo, la vera devozione alla santa Vergine è interiore, cioè parte dallo spirito e dal cuore, viene dalla stima che si ha della santa Vergine, dall'alta considerazione che si ha delle sue grandezze e dall'amore che le si porta.
In secondo luogo, è tenera, cioè piena di fiducia nella santissima Vergine, come un bambino nella sua buona madre. Essa fa che un'anima ricorra a lei in tutti i suoi bisogni corporali e spirituali, con molta semplicità, fiducia e tenerezza; ella implora l'aiuto della sua buona Madre in ogni momento, in ogni luogo e in ogni cosa: nei dubbi, per essere illuminata; negli smarrimenti, per essere corretta; nelle tentazioni, per essere sostenuta; nelle debolezze, per essere fortificata; nelle cadute, per essere rialzata; negli scoraggiamenti, per essere incoraggiata; negli scrupoli, per esserne liberata; nelle croci, nelle fatiche e nelle difficoltà della vita, per essere consolata. Infine, in tutti i mali corporali e spirituali ricorre a Maria, senza timore d'importunare questa buona Madre o di dispiacere a Gesù Cristo.
In terzo luogo, la vera devozione alla santa Vergine è santa, cioè porta un'anima a evitare il peccato e a imitare le virtù della santissima Vergine, particolarmente la sua umiltà profonda, la sua fede viva, la sua obbedienza perfetta, la sua orazione continua, la sua mortificazione universale, la sua purezza divina, la sua carità ardente, la sua pazienza eroica, la sua dolcezza angelica e la sua sapienza divina. Queste sono le dieci principali virtù della santissima Vergine.
In quarto luogo, la vera devozione alla santa Vergine è costante, consolida un'anima nel bene, e la porta a non abbandonare facilmente le sue pratiche di devozione; la rende coraggiosa a opporsi al mondo, con le sue mode e le sue massime; alla carne, con i suoi fastidi e le sue passioni; al diavolo, con le sue tentazioni; di modo che una persona veramente devota della santa Vergine non è mutevole, triste, scrupolosa o timorosa. Non già che non cada e non muti qualche volta nella sensibilità della sua devozione; ma se cade, si rialza tendendo la mano alla sua buona Madre; se diviene senza gusto né devozione sensibile, non sta in pena: perché il giusto e il devoto fedele di Maria vive della fede di Gesù e di Maria, e non dei sentimenti naturali.
In quinto luogo, infine, la vera devozione alla santa Vergine è disinteressata, cioè ispira a un'anima di non ricercare se stessa, ma Dio solo nella sua santa Madre. Un vero devoto di Maria non serve questa augusta Regina per spirito di lucro e di interesse, né per il proprio bene temporale o eterno, corporale o spirituale, ma unicamente perché merita di essere servita, e Dio solo in lei; non ama Maria perché gli fa del bene, o ne spera da lei, ma perché ella è amabile. Perciò l'ama e la serve fedelmente tanto nei disgusti e nelle aridità quanto nelle dolcezze e nei fervori sensibili; l'ama sia sul Calvario che alle nozze di Cana. Oh! quanto è gradito e prezioso agli occhi di Dio e della sua santa Madre un tale devoto della santa Vergine, che non cerca se stesso in niente nei servizi che le rende! Ma quanto è raro oggi! È perché non sia più così raro che ho preso in mano la penna per scrivere quello che ho insegnato con frutto in pubblico e in privato nelle mie missioni per molti anni.
Poiché tutta la nostra perfezione consiste nell'essere conformi, uniti e consacrati a Gesù Cristo, la più perfetta di tutte le devozioni è senza dubbio quella che ci conforma, unisce e consacra più perfettamente a Gesù Cristo. Ora, poiché Maria è la creatura più conforme a Gesù Cristo, ne segue che di tutte le devozioni quella che consacra e conforma di più un'anima a Nostro Signore è la devozione alla santissima Vergine, sua santa Madre, e che più un'anima sarà consacrata a Maria, più lo sarà a Gesù Cristo.
Perciò la perfetta consacrazione a Gesù Cristo non è altro che una perfetta e totale consacrazione di se stesso alla santissima Vergine, che è la devozione che insegno; o in altre parole una perfetta rinnovazione dei voti e delle promesse del santo battesimo.
Questa devozione consiste dunque nel donarsi interamente alla santissima Vergine, per essere per mezzo di lei interamente di Gesù Cristo. Bisogna donarle:
1) il nostro corpo con tutti i suoi sensi e le sue membra;
2) la nostra anima con tutte le sue facoltà;
3) i nostri beni esteriori presenti e futuri;
4) i nostri beni interiori e spirituali, che sono i nostri meriti, le nostre virtù e le nostre buone opere passate, presenti e future: in breve, tutto quello che abbiamo nell'ordine della natura e nell'ordine della grazia, e tutto quello che potremo avere in futuro nell'ordine della natura, della grazia o della gloria, e questo senza nessuna riserva, nemmeno di un denaro, di un capello e della minima buona azione, e per tutta l'eternità, senza pretendere né sperare nessun'altra ricompensa della propria offerta e del proprio servizio, che l'onore di appartenere a Gesù Cristo per mezzo di lei e in lei, quand'anche questa amabile Padrona non fosse, come ella è sempre, la più liberale e la più riconoscente delle creature.
Questa devozione è una via facile, breve, perfetta e sicura per arrivare all'unione con Nostro Signore, nella quale consiste la perfezione del cristiano.
1) È una via facile; è una via che Gesù Cristo ha aperto venendo a noi, e sulla quale non c'è nessun ostacolo per giungere a lui. Si può, in verità, giungere all'unione divina per altre vie; ma ciò avverrà con molte più croci, strane morti e con molte più difficoltà, che vinceremo difficilmente. Bisognerà passare per notti oscure, per combattimenti e strane agonie, su montagne ripide, su spine pungentissime e per deserti spaventosi. Mentre per la via di Maria si cammina più dolcemente e più tranquillamente.
Vi si trovano, in verità, grandi combattimenti da sostenere e grandi difficoltà da vincere; ma questa buona Madre e Padrona si rende così vicina e così presente ai suoi servi fedeli, per illuminarli nelle loro tenebre, rischiararli nei loro dubbi, rinfrancarli nei loro timori, sostenerli nei loro combattimenti e nelle loro difficoltà, che in verità questa via verginale per trovare Gesù Cristo è una via di rose e miele rispetto alle altre vie. Vi sono stati alcuni santi, ma in piccolo numero, come sant'Efrem, san Giovanni Damasceno, san Bernardo, san Bernardino, san Bonaventura, san Francesco di Sales, ecc., che sono passati per questa via dolce per andare a Gesù Cristo, perché lo Spirito Santo, Sposo fedele di Maria, l'ha mostrata loro per una grazia singolare; ma gli altri santi, che sono il maggior numero, sebbene tutti abbiano avuto devozione per la santissima Vergine, non sono tuttavia entrati, o pochissimo, in questa via. Per questo sono passati attraverso prove più dure e più pericolose.
Come mai dunque, mi dirà qualche fedele servo di Maria, i servi fedeli di questa buona Madre hanno tante occasioni di soffrire, e più degli altri che non le sono così devoti? Li si contraddice, li si perseguita, li si calunnia, non li si può soffrire; oppure camminano nelle tenebre interiori e per deserti dove non c'è la minima goccia di rugiada del cielo. Se questa devozione alla santa Vergine rende la via per trovare Gesù Cristo più facile, come mai sono i più crocifissi?
Rispondo che è vero che i più fedeli servi della santa Vergine, essendo i suoi più grandi favoriti, ricevono da lei le più grandi grazie e favori del cielo, che sono le croci; ma sostengo anche che sono questi servi di Maria che portano queste croci con più facilità, merito e gloria; e che ciò che arresterebbe mille volte un altro o lo farebbe cadere, non li arresta una volta e li fa avanzare, perché questa buona Madre, tutta piena di grazia e dell'unzione dello Spirito Santo, candisce tutte queste croci che prepara loro nello zucchero della sua dolcezza materna e nell'unzione del puro amore: di modo che le inghiottono gioiosamente come noci candite, sebbene siano di per sé amarissime. E credo che una persona che vuole essere devota e vivere devotamente in Gesù Cristo, e di conseguenza soffrire persecuzioni e portare ogni giorno la sua croce, non porterà mai grandi croci, o non le porterà gioiosamente né fino alla fine senza una tenera devozione alla santa Vergine, che è la confettura delle croci: allo stesso modo che una persona non può mangiare senza una grande violenza, che non sarà duratura, noci acerbe non candite nello zucchero.
2) Questa devozione alla santissima Vergine è una via breve per trovare Gesù Cristo, sia perché non ci si smarrisce, sia perché, come ho appena detto, vi si cammina con più gioia e facilità e, di conseguenza, con più speditezza. Si progredisce di più in poco tempo di sottomissione e di dipendenza da Maria, che in anni interi di volontà propria e di appoggio su se stessi; perché un uomo obbediente e sottomesso alla divina Maria riporterà grandi vittorie su tutti i suoi nemici. Vorranno impedirgli di camminare, o farlo indietreggiare, o farlo cadere, è vero; ma con l'appoggio, l'aiuto e la guida di Maria, senza cadere, senza indietreggiare e anche senza rallentare, avanzerà a passi da gigante verso Gesù Cristo, per la stessa via per la quale è scritto che Gesù è venuto verso di noi a passi da gigante e in poco tempo.
Perché pensate che Gesù Cristo sia vissuto così poco sulla terra e che nei pochi anni vissuti abbia passato quasi tutta la sua vita nella sottomissione e nell'obbedienza a sua Madre? Ah! è che «divenuto in breve perfetto è vissuto a lungo» (Sap 4,13) e più a lungo di Adamo, di cui era venuto a riparare i danni, sebbene sia vissuto più di novecento anni; e Gesù Cristo è vissuto a lungo, perché è vissuto molto sottomesso e molto unito alla sua santa Madre per obbedire a Dio suo Padre; perché: 1) «Chi onora la madre è come chi accumula tesori» (Sir 3,4), dice lo Spirito Santo, cioè chi onora Maria sua Madre fino a sottomettersi a lei e obbedirle in tutto, diventerà presto molto ricco, perché accumula ogni giorno tesori mediante il segreto di questa pietra filosofale; 2) perché, secondo una interpretazione spirituale di queste parole dello Spirito Santo: «La mia vecchiaia si trova nella misericordia del seno» (Sal 92,11), è nel seno di Maria, che ha circondato e generato un uomo perfetto e che ha potuto contenere Colui che l'universo non può contenere, è nel seno di Maria, dico, che i giovani diventano vecchi in luce, in santità, in esperienza e in saggezza, e che si giunge in pochi anni fino alla pienezza dell'età di Gesù Cristo.
3) Questa pratica di devozione alla santissima Vergine è una via perfetta per andare e per unirsi a Gesù Cristo, perché la divina Maria è la più perfetta e la più santa delle creature, e perché Gesù Cristo, che è venuto a noi perfettamente, non ha preso altra strada per il suo grande e mirabile viaggio. L'Altissimo, l'Incomprensibile, l'Inaccessibile, Colui che è, ha voluto venire a noi, piccoli lombrichi, che non siamo nulla. Come è avvenuto?
L'Altissimo è disceso perfettamente e divinamente per mezzo dell'umile Maria fino a noi, senza perdere nulla della sua divinità e santità; ed è per mezzo di Maria che i piccolissimi devono salire perfettamente e divinamente all'Altissimo senza temere nulla.
L'Incomprensibile si è lasciato comprendere e contenere perfettamente dalla piccola Maria, senza perdere nulla della sua immensità; ugualmente noi dobbiamo lasciarci contenere e guidare perfettamente dalla piccola Maria senza alcuna riserva.
L'Inaccessibile si è avvicinato, si è unito strettamente, perfettamente e anche personalmente alla nostra umanità per mezzo di Maria, senza nulla perdere della sua Maestà; ugualmente noi dobbiamo avvicinarci a Dio e unirci perfettamente e strettamente alla sua Maestà per mezzo di Maria, senza temere di essere respinti.
Infine, Colui che è ha voluto venire a ciò che non è, e fare che ciò che non è divenisse Dio o Colui che è; l'ha fatto perfettamente donandosi e sottomettendosi interamente alla giovane Vergine Maria, senza cessare di essere nel tempo Colui che è da tutta l'eternità: allo stesso modo è per mezzo di Maria che, sebbene non siamo nulla, noi possiamo divenire simili a Dio mediante la grazia e la gloria, donandoci a lei così perfettamente e interamente da non essere nulla in noi stessi e tutto in lei, senza temere di ingannarci.
Mi si tracciasse una via nuova per andare a Gesù Cristo, e questa via fosse lastricata di tutti i meriti dei beati, ornata di tutte le loro virtù eroiche, illuminata e abbellita di tutte le luci e le bellezze degli angeli, e vi fossero tutti gli angeli e i santi per guidare, difendere e sostenere quelli che vi vogliono camminare; in verità, in verità, io dico audacemente, e dico la verità, che prenderei preferendola a questa via, pur così perfetta, la via immacolata di Maria, via senza alcuna macchia né sporcizia, senza peccato originale né attuale, senza ombre né tenebre; e se il mio amabile Gesù, nella sua gloria, verrà una seconda volta sulla terra (come è certo) per regnarvi, non sceglierà altra via per venire che la divina Maria, per mezzo della quale è venuto così sicuramente e perfettamente la prima volta. La differenza che ci sarà tra la prima e l'ultima venuta è che la prima è stata segreta e nascosta, la seconda sarà gloriosa e sfolgorante; ma tutte e due perfette, perché tutte e due saranno per mezzo di Maria. Ahimè! ecco un mistero che non si comprende: «Hic taceat omnis lingua».
4) Questa devozione alla santissima Vergine è una via sicura per andare a Gesù Cristo e raggiungere la perfezione unendoci a lui:
1) Perché questa pratica che insegno non è nuova; è così antica che, come dice il Boudon, morto da poco in odore di santità, in un libro scritto su questa devozione, non se ne possono fissare con precisione gli inizi; è certo tuttavia che da più di settecento anni se ne trovano tracce nella Chiesa.
Sant'Odilone, abate di Cluny, che visse intorno all'anno 1040, fu uno dei primi a praticarla pubblicamente in Francia, come è indicato nella sua vita.
San Pier Damiani riporta che, l'anno 1076, il beato Marino, suo fratello, si fece schiavo della santissima Vergine, in presenza del suo direttore, in modo molto edificante: si mise la corda al collo, si diede la disciplina e mise sull'altare una somma di denaro come segno della sua consacrazione alla santa Vergine, cosa che continuò così fedelmente per tutta la sua vita che meritò alla sua morte di essere visitato e consolato dalla sua buona Padrona, e di ricevere dalla sua bocca la promessa del paradiso come ricompensa dei suoi servizi.
Cesare Bollando fa menzione di un illustre cavaliere, Vautier de Birbak, parente stretto dei duchi di Lovanio, che, intorno all'anno 1300, fece questa consacrazione di se stesso alla santa Vergine.
Questa devozione è stata praticata da parecchi in privato fino al XVII secolo, quando diventò pubblica.
San Simón de Rojas, dell'Ordine della Trinità, detto della redenzione degli schiavi, predicatore del re Filippo III, divulgò questa devozione in tutta la Spagna e la Germania; e ottenne, su istanza di Filippo III, da Gregorio XV, grandi indulgenze per quelli che l'avrebbero praticata.
Il padre de los Rios, dell'Ordine di sant'Agostino, si adoperò con il suo intimo amico san Simón de Rojas a diffondere questa devozione con la predicazione e con gli scritti in Spagna e in Germania; compose un grosso volume intitolato: Hierarchia Mariana, nel quale tratta con grande pietà e altrettanta erudizione dell'antichità, dell'eccellenza e della solidità di questa devozione.
I Padri Teatini, nel secolo scorso, stabilirono questa devozione in Italia.
Il padre Stanislao Falacio, della Compagnia di Gesù, promosse meravigliosamente questa devozione in Polonia.
Il padre de los Rios, nel libro citato, riporta i nomi dei principi, principesse, vescovi e cardinali di differenti regni che hanno abbracciato questa devozione.
Il padre Cornelio a Lapide, così raccomandabile per la sua pietà quanto per la sua profonda scienza, avendo ricevuto l'incarico da diversi vescovi e teologi di esaminare questa devozione, dopo averla esaminata ponderatamente, ne fece elogi degni della sua pietà, e parecchi altri grandi personaggi seguirono il suo esempio.
I Padri Gesuiti, sempre zelanti nel servizio della santissima Vergine, presentarono a nome dei congregazionisti di Colonia un piccolo trattato su questa devozione al duca Ferdinando di Baviera, allora arcivescovo di Colonia, il quale lo approvò e diede il permesso di stamparlo, esortando tutti i parroci e i religiosi della sua diocesi a promuovere il più possibile questa solida devozione.
Il cardinale de Bérulle, la cui memoria è in benedizione in tutta la Francia, fu uno dei più zelanti nel diffondere in Francia questa devozione, nonostante tutte le calunnie e le persecuzioni che gli mossero i critici e i libertini. Lo accusarono di novità e di superstizione; scrissero e pubblicarono contro di lui un libello diffamatorio e si servirono, o meglio il demonio per mezzo loro, di mille astuzie per impedirgli di diffondere questa devozione in Francia. Ma questo grande e santo uomo rispose alle loro calunnie con la pazienza, e alle loro obiezioni contenute nel libello con un piccolo scritto in cui le confuta con forza, dimostrando che questa devozione si fonda sull'esempio di Gesù Cristo, sugli obblighi che abbiamo verso di lui, e sui voti che abbiamo fatto nel santo battesimo; ed è particolarmente con quest'ultima ragione che chiude la bocca ai suoi avversari, facendo loro vedere che questa consacrazione alla santissima Vergine, e a Gesù Cristo per le mani di lei, non è altro che una perfetta rinnovazione dei voti o promesse del battesimo. Disse molte belle cose su questa pratica, che si possono leggere nelle sue opere.
Si possono leggere nel libro del Boudon i diversi papi che hanno approvato questa devozione, i teologi che l'hanno esaminata, e le persecuzioni che ha avuto e vinto, e le migliaia di persone che l'hanno abbracciata, senza che mai nessun papa l'abbia condannata; e non lo si potrebbe fare senza rovesciare i fondamenti del cristianesimo.
È dunque certo che questa devozione non è nuova, e che se non è comune, è perché è troppo preziosa per essere gustata e praticata da tutti.
2) Questa devozione è un mezzo sicuro per andare a Gesù Cristo, perché è proprio della santa Vergine condurci sicuramente a Gesù Cristo, come è proprio di Gesù Cristo condurci sicuramente all'eterno Padre. E gli spirituali non credano falsamente che Maria sia loro di impedimento per giungere all'unione divina. Perché, è mai possibile che colei che ha trovato grazia davanti a Dio per tutti in generale e per ciascuno in particolare, sia di impedimento a un'anima per trovare la grande grazia dell'unione con lui? È mai possibile che colei che è stata tutta piena e sovrabbondante di grazie, così unita e trasformata in Dio da divenirne la madre, impedisca a un'anima di unirsi perfettamente a Dio.
È vero che la vista delle altre creature, anche sante, può forse, in certi momenti, ritardare l'unione divina; ma non Maria, come ho detto e dirò sempre senza stancarmi. Una ragione per cui così poche anime giungono alla pienezza dell'età di Gesù Cristo, è che Maria, che è più che mai la Madre di Gesù Cristo e la Sposa feconda dello Spirito Santo, non è abbastanza formata nei loro cuori. Chi vuole avere il frutto ben maturo e ben formato deve avere l'albero che lo produce; chi vuole avere il frutto di vita, Gesù Cristo, deve avere l'albero della vita, che è Maria. Chi vuole avere in sé l'operazione dello Spirito Santo, deve avere la sua Sposa fedele e indissolubile, la divina Maria, che lo rende fertile e fecondo, come abbiamo detto altrove.
Mio caro fratello, sta' sicuro che se sarai fedele alle pratiche interiori ed esteriori di questa devozione, che ti indicherò in seguito:
1) Con la luce che lo Spirito Santo ti darà per mezzo di Maria, sua cara Sposa, conoscerai il tuo cattivo fondo, la tua corruzione e la tua incapacità a ogni bene, se Dio non ne è il principio come autore della natura o della grazia, e, in seguito a questa conoscenza, ti disprezzerai, non penserai a te che con orrore. Ti considererai come una lumaca che guasta tutto con la sua bava, o come un rospo che infetta tutto con il suo veleno, o come un serpente malizioso che cerca solo di ingannare. Infine l'umile Maria ti farà partecipe della sua profonda umiltà, che ti farà disprezzare te stesso, non disprezzare nessuno e amare il disprezzo.
2) La santa Vergine ti farà partecipe della sua fede, che sulla terra è stata più grande della fede di tutti i patriarchi, i profeti, gli apostoli e tutti i santi. Ora che regna in cielo non ha più questa fede, perché vede chiaramente tutte le cose in Dio, con il lume della gloria; tuttavia, con il consenso dell'Altissimo, non l'ha perduta entrando nella gloria; l'ha conservata per conservarla nella Chiesa militante ai suoi servi più fedeli. Più dunque ti guadagnerai la benevolenza di questa augusta Principessa e Vergine fedele, più avrai fede pura in tutta la tua condotta: una fede pura, che non ti farà preoccupare del sensibile e dello straordinario; una fede viva e animata dalla carità, che ti farà compiere le tue azioni solo per puro amore; una fede ferma e incrollabile come una roccia, che ti farà rimanere fermo e costante in mezzo alle tempeste; una fede operosa e penetrante, che, come un misterioso passe-partout, ti farà entrare in tutti i misteri di Gesù Cristo, nei fini ultimi dell'uomo e nel cuore di Dio stesso; una fede coraggiosa, che ti farà intraprendere e venire a capo di grandi cose per Dio e la salvezza delle anime, senza esitare; infine, una fede che sarà la tua fiaccola ardente, la tua vita divina, il tuo tesoro nascosto della divina Sapienza, e la tua arma onnipotente di cui ti servirai per illuminare quelli che sono nelle tenebre e nell'ombra della morte, per infiammare quelli che sono tiepidi e hanno bisogno dell'oro bruciante della carità, per dare la vita a quelli che sono morti per il peccato, per toccare e convertire, con le tue parole dolci e potenti, i cuori di marmo e i cedri del Libano, e infine per resistere al diavolo e a tutti i nemici della salvezza.
3) Questa Madre del bell'amore toglierà dal tuo cuore ogni scrupolo e ogni timore servile disordinato: lo aprirà e lo dilaterà per correre nei comandamenti di suo Figlio, con la santa libertà dei figli di Dio, e per introdurvi il puro amore, di cui è tesoriera; di modo che non ti comporterai più, come hai fatto finora, con timore nei confronti di Dio amore, ma col puro amore. Lo considererai come tuo buon Padre, al quale cercherai continuamente di piacere, col quale converserai confidenzialmente, come un figlio col suo buon padre. Se per disgrazia lo offenderai, ti umilierai subito davanti a lui, gli domanderai perdono umilmente, gli tenderai la mano con semplicità e ti rialzerai amorosamente, senza turbamento né inquietudine, e continuerai a camminare verso di lui senza scoraggiamento.
4) La santa Vergine ti riempirà di una grande fiducia in Dio e in lei stessa: 1) perché non ti avvicinerai più a Gesù Cristo da te stesso, ma sempre per mezzo di questa buona Madre; 2) perché, avendole donato tutti i tuoi meriti, grazie e soddisfazioni per disporne secondo la sua volontà, ti comunicherà le sue virtù e ti rivestirà dei suoi meriti, di modo che potrai dire a Dio con fiducia: «Ecco Maria tua serva, avvenga di me secondo la tua parola»; 3) perché, essendoti donato a lei interamente, corpo e anima, ella che è generosa con i generosi e più generosa dei generosi stessi, si donerà a te in contraccambio in modo meraviglioso, ma vero; di modo che potrai dirle arditamente: «Sono tuo, santa Vergine, salvami»; o come ho già detto, con il Discepolo prediletto: «Ti ho presa, santa Madre, come ogni mio bene». Potrai anche dire, con san Bonaventura: «Mia cara Signora e salvatrice, agirò con fiducia e non temerò, perché sei la mia forza e la mia lode nel Signore... Io sono tutto tuo e tutto ciò che ho è tuo, o Vergine gloriosa, benedetta sopra tutte le cose; ti metterò come sigillo sul mio cuore, perché il tuo amore è forte come la morte». Potrai dire a Dio con i sentimenti del Profeta: «Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. Sono come un bambino svezzato dai piaceri della terra e appoggiato sul seno di mia madre; ed è su questo seno che sono colmato di beni». 4) Ciò che aumenterà ancora la tua fiducia in lei è che, avendole dato in deposito tutto ciò che hai di buono per donarlo o conservarlo, avrai meno fiducia in te e molto più in lei, che è il tuo tesoro. Oh! quale fiducia e quale consolazione per un'anima che può dire che il tesoro di Dio, nel quale egli ha messo tutto ciò che possiede di più prezioso, è anche il suo! «Ella, dice un santo, è il tesoro del Signore».
5) L'anima della santa Vergine si comunicherà a te per glorificare il Signore; il suo spirito entrerà al posto del tuo per gioire in Dio, suo Salvatore, purché tu sia fedele alle pratiche di questa devozione. «L'anima di Maria sia in ciascuno per magnificare il Signore; lo spirito di Maria sia in ciascuno per esultare in Dio». Ah! quando verrà quel tempo felice, dice un sant'uomo dei nostri giorni, che era tutto immerso in Maria, ah! quando verrà quel tempo felice in cui la divina Maria sarà stabilita padrona e sovrana nei cuori, per sottometterli pienamente all'impero del suo grande e unico Gesù? Quand'è che le anime respireranno Maria come i corpi respirano l'aria? Allora accadranno cose meravigliose su questa terra, dove lo Spirito Santo, trovando la sua cara Sposa come riprodotta nelle anime, discenderà abbondantemente su di loro e le riempirà dei suoi doni, e particolarmente del dono della sapienza, per operare meraviglie di grazia. Mio caro fratello, quando verrà questo tempo felice e questo secolo di Maria, in cui parecchie anime elette e ottenute dall'Altissimo per mezzo di Maria, perdendosi esse stesse nell'abisso del suo interiore, diventeranno copie viventi di Maria, per amare e glorificare Gesù Cristo? Questo tempo verrà solo quando si conoscerà e si praticherà la devozione che insegno: «Ut adveniat regnum tuum, adveniat regnum Mariae».
6) Se Maria, che è l'albero della vita, è ben coltivata nella tua anima con la fedeltà alle pratiche di questa devozione, ella porterà il suo frutto a suo tempo; e questo frutto non è altro che Gesù Cristo. Vedo tanti devoti che cercano Gesù Cristo, gli uni per una via e una pratica, gli altri per l'altra; e spesso dopo aver lavorato molto durante la notte, possono dire: «Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla» (Lc 5,5). E si può dire loro: «Avete lavorato molto, ma avete ricavato poco» (Ag 1,6). Gesù Cristo è ancora molto debole in voi. Ma per la via immacolata di Maria e questa pratica divina che insegno si lavora durante il giorno, si lavora in un luogo santo, si lavora poco. Non c'è notte in Maria, poiché non c'è stato il peccato nemmeno la minima ombra. Maria è un luogo santo, e il Santo dei santi, dove i santi sono formati e modellati.
Nota, per favore, che dico che i santi sono modellati in Maria. Vi è una grande differenza tra fare una figura in rilievo, a colpi di martello e di scalpello, e fare una figura gettandola nello stampo: gli scultori lavorano molto per fare le figure nella prima maniera, e occorre loro molto tempo; ma per farle nella seconda maniera, lavorano poco e le fanno in pochissimo tempo. Sant'Agostino chiama la santa Vergine «forma Dei», lo stampo di Dio: lo stampo adatto a formare e modellare degli dei. Chi è gettato in questo stampo divino è presto formato e modellato in Gesù Cristo, e Gesù Cristo in lui: con poca spesa e in poco tempo diventerà dio, poiché è gettato nello stesso stampo che ha formato un Dio.
Mi sembra di poter benissimo paragonare i direttori e le persone devote che vogliono formare Gesù Cristo in se stessi o negli altri con altre pratiche agli scultori che, mettendo la loro fiducia nella loro abilità e nella loro arte, danno un'infinità di colpi di martello e di scalpello a una pietra dura o un pezzo di legno mal levigato, per farne l'immagine di Gesù Cristo; e talvolta non riescono a esprimere Gesù Cristo al naturale, sia per mancanza di conoscenza e di esperienza della persona di Gesù Cristo, sia a causa di qualche colpo dato male, che ha rovinato l'opera. Ma quelli che abbracciano questo segreto di grazia li paragono con ragione ai fonditori e ai modellatori che, avendo trovato il bello stampo di Maria, nel quale Gesù Cristo è stato naturalmente e divinamente formato, senza fidarsi della propria abilità, ma unicamente della bontà dello stampo, si gettano e si perdono in Maria per diventare il ritratto al naturale di Gesù Cristo.
Oh! che paragone bello e vero! Ma chi lo comprenderà? Io desidero che sia tu, mio caro fratello. Ma ricordati che si getta nello stampo solo ciò che è fuso e liquido: cioè devi distruggere e fondere in te il vecchio Adamo, per diventare il nuovo in Maria.
7) Con questa pratica, osservata molto fedelmente, darai a Gesù Cristo più gloria in un mese di tempo che con qualunque altra, anche se più difficile, in parecchi anni. Ecco le ragioni di ciò che affermo:
1) Perché, facendo le tue azioni per mezzo della santa Vergine, come questa pratica insegna, abbandoni le tue intenzioni e azioni, benché buone e conosciute, per perderti, per così dire, in quelle della santissima Vergine, benché ti siano sconosciute; e in questo modo partecipi della sublimità delle sue intenzioni, che furono così pure che diede più gloria a Dio con la minima delle sue azioni, per esempio filando, dando un punto d'ago, di un san Lorenzo sulla sua graticola col suo crudele martirio, e anche di tutti i santi con le loro più eroiche azioni: cosicché, durante la sua permanenza sulla terra, acquistò un cumulo così ineffabile di grazie e di meriti, che sarebbe più facile contare le stelle del firmamento, le gocce d'acqua del mare e i granelli di sabbia della spiaggia, che i suoi meriti e le sue grazie, e diede più gloria a Dio di quanta gliene hanno data tutti gli angeli e i santi e gliene daranno. O prodigio di Maria! Tu non sei capace che di fare prodigi di grazie nelle anime che vogliono perdersi in te.
2) Perché un'anima, con questa pratica, non considerando niente tutto ciò che pensa o fa da se stessa, e mettendo il suo appoggio e la sua compiacenza solo nelle disposizioni di Maria, per avvicinarsi a Gesù Cristo, e anche per parlargli, pratica molto di più l'umiltà delle anime che agiscono da se stesse, e che hanno un appoggio e una compiacenza impercettibile nelle loro disposizioni; e, di conseguenza, glorifica più altamente Dio, che è perfettamente glorificato solo dagli umili e dai piccoli di cuore.
3) Perché la santa Vergine, volendo, per una grande carità, ricevere nelle sue mani verginali il dono delle nostre azioni, dà loro una bellezza e uno splendore meraviglioso; le offre lei stessa a Gesù Cristo, e senza dubbio Nostro Signore ne è più glorificato che se le offrissimo noi con le nostre mani colpevoli.
4) Infine, perché non pensi mai a Maria senza che Maria al tuo posto pensi a Dio; non lodi né onori mai Maria senza che Maria con te lodi e onori Dio. Maria è tutta relativa a Dio, e io la chiamerei benissimo la relazione di Dio, che non è che in rapporto a Dio, o l'eco di Dio, che non dice e non ripete che Dio. Se tu dici Maria, lei dice Dio. Santa Elisabetta lodò Maria e la chiamò beata per aver creduto; Maria, l'eco fedele di Dio, intonò: «L'anima mia magnifica il Signore» (Lc 1,46). Ciò che Maria fece in quell'occasione, lo fa tutti i giorni; quando la si loda, la si ama, la si onora o le si dona, Dio è lodato, Dio è amato, Dio è onorato, si dona a Dio per mezzo di Maria e in Maria.
Dopo questo bisogna esclamare con l'Apostolo: «Occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo» (1 Cor 2,9) le bellezze, le grandezze, le perfezioni di Maria, il miracolo dei miracoli della grazia, della natura e della gloria. Se volete comprendere la Madre, dice un santo, comprendete il Figlio. Ella è una degna Madre di Dio: «Qui ogni lingua rimanga muta».
Il cuore mi ha dettato tutto ciò che ho scritto, con gioia particolare, per mostrare che la divina Maria non è stata finora conosciuta, e che è una delle ragioni per cui Gesù Cristo non è conosciuto come deve esserlo. Se dunque, come è certo, la conoscenza e il regno di Gesù Cristo devono venire nel mondo, ciò sarà necessaria conseguenza della conoscenza e del regno della santissima Vergine Maria, che l'ha messo al mondo la prima volta e lo farà risplendere la seconda.
Confesso, con tutta la Chiesa, che Maria essendo una semplice creatura uscita dalle mani dell'Altissimo, paragonata alla sua Maestà infinita è meno di un atomo, o meglio non è niente del tutto, poiché egli solo è «Colui che è» (Es 3,14). Perciò questo grande Signore, sempre indipendente e bastante a se stesso, non ebbe e non ha ancora assolutamente bisogno della santissima Vergine per il compimento delle sue volontà e per la manifestazione della sua gloria. Gli basta volere per fare tutto.
Tuttavia dico che, dato l'ordine attuale delle cose, Dio avendo voluto cominciare e compiere le sue più grandi opere per mezzo della santissima Vergine dal momento che la formò, bisogna credere che non muterà condotta nei secoli dei secoli, perché egli è Dio e non muta nei suoi pensieri né nella sua condotta.
Dio Padre diede al mondo il suo Unigenito solo per mezzo di Maria. Per quanto i patriarchi avessero sospirato, per quanto i profeti e i santi dell'antica legge avessero invocato, per quattromila anni, per avere questo tesoro, solo Maria lo meritò e trovò grazia davanti a Dio con la forza delle sue preghiere e l'altezza delle sue virtù. Essendo il mondo indegno, dice sant'Agostino, di ricevere il Figlio di Dio direttamente dalle mani del Padre, egli lo diede a Maria perché il mondo lo ricevesse per mezzo di lei.
Il Figlio di Dio si fece uomo per la nostra salvezza, ma in Maria e per mezzo di Maria.
Dio Spirito Santo formò Gesù Cristo in Maria, ma dopo averle chiesto il consenso per mezzo di uno dei primi ministri della sua corte.
Dio Padre comunicò a Maria la propria fecondità per quanto ne era capace una semplice creatura, per darle il potere di generare il Figlio suo e tutti i membri del suo Corpo mistico.
Dio Figlio discese nel suo seno verginale, come nuovo Adamo nel suo paradiso terrestre, per compiacersene e per operarvi di nascosto meraviglie di grazia. Questo Dio fatto uomo trovò la sua libertà nel vedersi imprigionato nel suo seno; fece risplendere la sua forza nel lasciarsi portare da questa fanciulla; trovò la sua gloria e quella del Padre nel nascondere i suoi splendori a ogni creatura di quaggiù, per rivelarli solo a Maria; glorificò la sua indipendenza e la sua maestà nel dipendere da questa amabile Vergine nella concezione, nella nascita, nella presentazione al tempio, nei trent'anni di vita nascosta, perfino nella morte, cui ella doveva assistere, per compiere con lei un medesimo sacrificio e per essere immolato col suo consenso all'eterno Padre, come un tempo Isacco col consenso di Abramo alla volontà di Dio. È lei che lo allattò, nutrì, mantenne, allevò e sacrificò per noi.
O ammirabile e incomprensibile dipendenza di un Dio che lo Spirito Santo non poté passare sotto silenzio nel Vangelo - sebbene ci abbia nascosto quasi tutte le cose mirabili che questa Sapienza incarnata fece nella sua vita nascosta - per mostrarcene il pregio e la gloria infinita. Gesù Cristo ha dato più gloria a Dio Padre con la sottomissione a sua Madre per trent'anni di quanta non gliene avrebbe data convertendo tutto il mondo operando le più grandi meraviglie. Oh! quanto glorifichiamo altamente Dio quando ci sottomettiamo, per piacergli, a Maria, sull'esempio di Gesù Cristo, nostro unico modello!
Se esaminiamo attentamente il resto della vita di Gesù Cristo, vedremo che egli volle incominciare i suoi miracoli per mezzo di Maria. Egli santificò san Giovanni nel seno di sua madre santa Elisabetta con la parola di Maria; appena ella parlò, Giovanni fu santificato, ed è il suo primo e più grande miracolo nell'ordine della grazia. Cambiò, alle nozze di Cana, l'acqua in vino alla sua umile preghiera, ed è il suo primo miracolo nell'ordine della natura. Cominciò e continuò i suoi miracoli per mezzo di Maria; e li continuerà fino alla fine dei secoli per mezzo di Maria.
Dio Spirito Santo essendo sterile in Dio, cioè non generando altra persona divina, divenne fecondo per mezzo di Maria da lui sposata. È con lei e in lei e da lei che egli formò il suo capolavoro, che è un Dio fatto uomo, e che egli forma tutti i giorni fino alla fine del mondo i predestinati e i membri del corpo di questo capo adorabile: perciò più trova Maria, sua cara e indissolubile Sposa, in un anima, più diviene operante e potente per formare Gesù Cristo in quest'anima e quest'anima in Gesù Cristo.
Con ciò non si vuol dire che la santissima Vergine dia allo Spirito Santo la fecondità, come se non l'avesse, poiché, essendo Dio, egli ha la fecondità o la capacità di generare, come il Padre e il Figlio, sebbene non la riduca in atto, non generando altra persona divina. Ma si vuol dire che lo Spirito Santo, tramite la santissima Vergine, di cui vuol servirsi, sebbene non ne abbia assolutamente bisogno, riduce in atto la sua fecondità, generando in lei e per mezzo di lei Gesù Cristo e i suoi membri. Mistero di grazia sconosciuto anche ai più dotti e spirituali tra i cristiani.
La condotta che le tre Persone della Santissima Trinità tennero nell'Incarnazione e nella prima venuta di Gesù Cristo, la mantengono tutti i giorni, in modo invisibile, nella santa Chiesa, e la manterranno fino alla fine dei secoli, nell'ultima venuta di Gesù Cristo.
Dio Padre riunì tutte le acque e le chiamò mària (mare); riunì tutte le grazie e le chiamò Maria. Questo gran Dio ha un tesoro o un deposito ricchissimo, dove racchiuse tutto ciò che possiede di bello, di splendido, di raro e di prezioso, perfino il proprio Figlio; e questo tesoro immenso non è altro che Maria, che i santi chiamano il tesoro del Signore, dalla cui pienezza gli uomini sono arricchiti.
Dio Figlio comunicò a sua Madre tutto ciò che acquistò con la sua vita e la sua morte, i suoi meriti infiniti e le sue virtù ammirabili, e la fece tesoriera di tutto quello che il Padre gli diede in eredità; è per mezzo di lei che egli applica i suoi meriti ai suoi membri, comunica le sue virtù e distribuisce le sue grazie; è il suo canale misterioso, è il suo acquedotto, per cui fa passare dolcemente e abbondantemente le sue misericordie.
Dio Spirito Santo comunicò a Maria, sua fedele Sposa, i suoi doni ineffabili, e la scelse come dispensatrice di tutto ciò che possiede: in modo che ella distribuisce a chi vuole, quanto vuole, come vuole e quando vuole, tutti i suoi doni e le sue grazie, e non viene dato alcun dono celeste agli uomini che non passi per le sue mani verginali. Poiché tale è la volontà di Dio, che volle che noi avessimo tutto per mezzo di Maria. Così doveva essere arricchita, innalzata e onorata dall'Altissimo colei che si è fatta povera, umile e nascosta fino al nulla con la sua profonda umiltà per tutta la sua vita. Ecco il pensiero della Chiesa e dei santi Padri.
Se parlassi a certi sapientoni d'oggi, proverei tutto ciò che dico semplicemente, più a lungo, con la sacra Scrittura, i santi Padri, dei quali riporterei i passi latini, e con parecchie solide ragioni che si possono vedere sviluppate a lungo dal R. P. Poiré nel suo libro: La Triplice Corona di Maria. Ma siccome parlo particolarmente ai poveri e ai semplici che, essendo di buona volontà e avendo più fede del comune dei sapienti, credono con più semplicità e con più merito, mi limito a esporre loro in modo semplice la verità, senza fermarmi a citare tutti i passi latini, che non capiscono, sebbene non trascuri di riportarne qualcuno, senza ricercarli molto. Continuiamo.
Poiché la grazia perfeziona la natura e la gloria perfeziona la grazia, è certo che Nostro Signore è ancora in cielo Figlio di Maria come lo era sulla terra, e che, di conseguenza, ha conservato la sottomissione e l'obbedienza del più perfetto di tutti i figli riguardo alla migliore di tutte le madri. Ma bisogna guardarsi dal concepire in questa dipendenza qualche abbassamento o imperfezione in Gesù Cristo. Perché Maria essendo infinitamente al di sotto di suo Figlio, che è Dio, non gli comanda come una madre terrena comanderebbe a suo figlio che è al di sotto di lei. Maria, essendo tutta trasformata in Dio per la grazia e la gloria che trasforma tutti i santi in lui, non domanda, né vuole, né fa niente che sia contrario all'eterna e immutabile volontà di Dio. Quando dunque si legge, negli scritti di san Bernardo, san Bernardino, san Bonaventura, ecc., che in cielo e sulla terra, tutto, perfino Dio stesso, è sottomesso alla santissima Vergine, vuol dire che l'autorità che Dio ha voluto concederle è così grande, che sembra che ella abbia la stessa potenza di Dio, e che le sue preghiere e richieste sono così potenti presso Dio, che equivalgono sempre a dei comandi presso la sua Maestà, che non resiste mai alla preghiera della sua cara Madre, perché è sempre umile e conforme alla sua volontà.
Se Mosè, con la forza della sua preghiera, fermò la collera di Dio sugli Israeliti, in modo così potente che l'altissimo e infinitamente misericordioso Signore, non potendo resistergli, gli disse di lasciarlo andare in collera e punire quel popolo ribelle, cosa dobbiamo pensare, a maggior ragione, della preghiera dell'umile Maria, la degna Madre di Dio, che è più potente presso la sua Maestà delle preghiere e intercessioni di tutti gli angeli e i santi del cielo e della terra?
Maria comanda in cielo sugli angeli e i beati. Come ricompensa della sua profonda umiltà, Dio le ha dato il potere e l'incarico di riempire di santi i troni vuoti da cui caddero per superbia gli angeli ribelli. Tale è la volontà dell'Altissimo, che innalza gli umili, che il cielo, la terra e l'inferno, volenti o nolenti, si pieghino ai comandi dell'umile Maria, che egli ha costituito sovrana del cielo e della terra, condottiera dei suoi eserciti, tesoriera dei suoi tesori, dispensatrice delle sue grazie, operatrice delle sue grandi meraviglie, riparatrice del genere umano, mediatrice degli uomini, sterminatrice dei nemici di Dio e fedele compagna delle sue grandezze e dei suoi trionfi.
Dio Padre vuole avere figli per mezzo di Maria fino alla fine del mondo, e le dice queste parole: «Fissa la tenda in Giacobbe» (Sir 24,8), cioè poni la tua dimora e residenza tra i miei figli e predestinati, raffigurati da Giacobbe, e non tra i figli del demonio e i reprobi, raffigurati da Esaù.
Come nella generazione naturale e corporale vi è un padre e una madre, così nella generazione soprannaturale e spirituale vi è un padre che è Dio e una madre che è Maria. Tutti i veri figli di Dio e predestinati hanno Dio per padre e Maria per madre; e chi non ha Maria per Madre non ha Dio per Padre. Per questo i reprobi, come gli eretici, gli scismatici, ecc., che odiano o guardano con disprezzo o indifferenza la santissima Vergine, non hanno Dio per padre, sebbene se ne vantino, perché non hanno Maria per madre: poiché se l'avessero per madre, l'amerebbero e l'onorerebbero come un vero e buon figlio ama naturalmente e onora sua madre che gli ha dato la vita.
Il segno più infallibile e più indubitabile per distinguere un eretico, un uomo di cattiva dottrina, un reprobo, da un predestinato, è che l'eretico e il reprobo non hanno che disprezzo o indifferenza per la santissima Vergine, cercando, con le loro parole ed esempi, di sminuirne il culto e l'amore, apertamente o di nascosto, talvolta sotto speciosi pretesti. Ahimè! Dio Padre non ha detto a Maria di abitare tra di loro, perché sono degli Esaù.
Dio Figlio vuole formarsi e, per così dire, incarnarsi ogni giorno, per mezzo della sua cara Madre, nei suoi membri, e le dice: «Prendi in eredità Israele» (Sir 24,8). Come se dicesse: Dio mio Padre m'ha dato in eredità tutte le nazioni della terra, tutti gli uomini buoni e cattivi, predestinati e reprobi; condurrò gli uni con lo scettro d'oro e gli altri con lo scettro di ferro; sarò il padre e l'avvocato degli uni, il giusto vendicatore degli altri, e il giudice di tutti; ma tu, mia cara Madre, avrai per tua eredità e possesso solo i predestinati raffigurati da Israele; e, come loro buona madre, li genererai, nutrirai, alleverai; e, come loro sovrana, li condurrai, governerai e difenderai.
«L'uno e l'altro è nato in essa» (Sal 87,5), dice lo Spirito Santo. Secondo la spiegazione di qualche Padre, il primo uomo che è nato in Maria è l'Uomo-Dio, Gesù Cristo; il secondo è un semplice uomo, figlio di Dio e di Maria per adozione. Se Gesù Cristo, il capo degli uomini, è nato in lei, i predestinati, che sono i membri di questo capo, devono pure necessariamente nascere in lei. Una stessa madre non mette al mondo la testa o il capo senza le membra, né le membra senza la testa; altrimenti questo sarebbe un mostro di natura; così, nell'ordine della grazia, il capo e i membri nascono da una stessa madre; e se un membro del corpo mistico di Gesù Cristo, cioè un predestinato, nascesse da un'altra madre diversa da Maria che ha generato il capo, questo non sarebbe un predestinato, né un membro di Gesù Cristo, ma un mostro nell'ordine della grazia.
Inoltre, essendo Gesù Cristo ora più che mai il frutto di Maria, come il cielo e la terra le ripetono mille e mille volte ogni giorno: «E benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù», è certo che Gesù Cristo è veramente il frutto e l'opera di Maria per ogni uomo in particolare, che lo possiede, come per tutti in generale; di modo che, se qualche fedele ha Gesù Cristo formato nel suo cuore, può dire audacemente: «Infinite grazie a Maria, ciò che possiedo è suo effetto e suo frutto, e senza di lei non lo avrei»; e si può applicarle con più verità che san Paolo non le applichi a se stesso, queste parole: «Figlioli miei, che io di nuovo partorisco, finché non sia formato Cristo in voi» (Gal 4,19), Io genero ogni giorno i figli di Dio, finché Gesù Cristo mio Figlio non sia formato in loro nella pienezza della sua età. Sant'Agostino superando se stesso, e tutto quello che ho detto, dice che tutti i predestinati, per essere conformi all'immagine del Figlio di Dio, in questo mondo sono nascosti nel seno della santissima Vergine, dove sono custoditi, nutriti, mantenuti e cresciuti da questa buona Madre, finché ella non li generi alla gloria, dopo la morte, che è propriamente il giorno della loro nascita, come la Chiesa chiama la morte dei giusti. O mistero di grazia sconosciuto ai reprobi e poco conosciuto dai predestinati!
Dio Spirito Santo vuole formarsi in lei e per mezzo di lei degli eletti e le dice: «Metti radici nei miei eletti» (Sir 24,12). Getta, mia diletta e mia Sposa, le radici di tutte le tue virtù nei miei eletti, affinché crescano di virtù in virtù e di grazia in grazia. Io mi sono compiaciuto tanto in te, quando vivevi sulla terra nella pratica delle più sublimi virtù, che desidero ancora trovarti sulla terra, senza che tu cessi di essere in cielo. Riproduciti per questo nei miei eletti: che io veda in loro compiacendomene le radici della tua fede invincibile, della tua umiltà profonda, della tua mortificazione universale, della tua orazione sublime, della tua carità ardente, della tua speranza ferma e di tutte le tue virtù. Tu sei sempre la mia Sposa più fedele, più pura e più feconda che mai: la tua fede mi dia dei fedeli; la tua purezza mi dia dei vergini, la tua fecondità mi dia degli eletti e dei templi.
Quando Maria ha gettato le sue radici in un'anima, vi produce delle meraviglie di grazia che ella sola può produrre perché ella sola è la Vergine feconda che non ha mai avuto né avrà mai simile in purezza e in fecondità.
Maria ha prodotto, con lo Spirito Santo, la cosa più grande che vi sia stata e vi sarà mai, che è un Dio-Uomo, e produrrà di conseguenza le cose più grandi che vi saranno negli ultimi tempi. La formazione e l'educazione dei grandi santi che vi saranno verso la fine del mondo è riservata a lei; perché soltanto questa Vergine singolare e miracolosa può produrre, in unione con lo Spirito Santo, le cose singolari e straordinarie.
Quando lo Spirito Santo, suo Sposo, la trova in un'anima, vi vola, vi entra pienamente, si comunica a quest'anima tanto più abbondantemente quanto più posto essa dà alla sua Sposa; e una delle grandi ragioni per cui lo Spirito Santo non compie adesso meraviglie sorprendenti nelle anime, è che non vi trova un'unione abbastanza grande con la sua fedele e indissolubile Sposa. Dico: indissolubile Sposa, perché da quando quest'Amore sostanziale del Padre e del Figlio ha sposato Maria per generare Gesù Cristo, il capo degli eletti e Gesù Cristo negli eletti, non l'ha mai ripudiata, perché ella è sempre stata fedele e feconda.
Da quanto ho detto si deve evidentemente concludere: In primo luogo, che Maria ha ricevuto da Dio un grande dominio sulle anime degli eletti: poiché ella non potrebbe porre in loro la sua residenza, come Dio Padre le ha ordinato; formarli, nutrirli e generarli alla vita eterna come loro madre, averli come sua parte ed eredità, formarli in Gesù Cristo e Gesù Cristo in loro; gettare nel loro cuore le radici delle sue virtù, ed essere la compagna indissolubile dello Spirito Santo per tutte queste opere di grazia; non potrebbe, dico, fare tutte queste cose, se non avesse diritto e dominio sulle loro anime per una grazia singolare dell'Altissimo, che, avendole dato potere sul suo Figlio unico e naturale, glielo ha dato anche sui suoi figli adottivi, non solamente quanto al corpo, il che sarebbe poca cosa, ma anche quanto all'anima.
Maria è la Regina del cielo e della terra per grazia, come Gesù ne è il Re per natura e per conquista. Ora, come il regno di Cristo consiste principalmente nel cuore o nell'interiore dell'uomo, secondo quelle parole: «Il regno di Dio è dentro di voi» (Lc 17,21), così il regno della santissima Vergine è principalmente nell'interiore dell'uomo, cioè nella sua anima, ed è principalmente nelle anime che ella è glorificata con suo Figlio più che in tutte le creature visibili, e noi possiamo chiamarla con i santi la Regina dei cuori.
Prima verità.
Gesù Cristo nostro Salvatore, vero Dio e vero uomo, deve essere il fine ultimo di tutte le nostre devozioni; altrimenti esse sarebbero false e ingannatrici. Gesù Cristo è l'alfa e l'omega, il principio e il fine di tutte le cose. Noi lavoriamo, come dice l'Apostolo, solo per perfezionare ogni uomo in Gesù Cristo, perché in lui solo abitano tutta la pienezza della Divinità e tutte le altre pienezze di grazie, di virtù e di perfezioni; perché in lui solo siamo stati benedetti con ogni benedizione spirituale; perché egli è il nostro unico maestro che deve istruirci, il nostro unico Signore da cui dobbiamo dipendere, il nostro unico capo al quale dobbiamo essere uniti, il nostro unico modello al quale dobbiamo conformarci, il nostro unico medico che deve guarirci, il nostro unico pastore che deve nutrirci, la nostra unica via che deve condurci, la nostra unica verità che dobbiamo credere, la nostra unica vita che deve vivificarci, e il nostro unico tutto in tutte le cose che deve bastarci. Non è stato dato altro nome sotto il cielo, che il nome di Gesù, per il quale noi dobbiamo essere salvati. Dio non ha posto altro fondamento della nostra salvezza, della nostra perfezione e della nostra gloria che Gesù Cristo: ogni edificio che non poggia su questa pietra ferma è fondato sulla sabbia mobile e cadrà senza dubbio presto o tardi. Ogni fedele che non è unito a lui come un ramo al ceppo della vite, cadrà, seccherà e servirà solo ad essere gettato nel fuoco. Se noi siamo in Gesù Cristo e Gesù Cristo in noi, non abbiamo da temere nessuna dannazione: né gli angeli del cielo, né gli uomini della terra, né i diavoli dell'inferno, né alcuna altra creatura può nuocerci, perché non può separarci dalla carità di Dio che è in Cristo Gesù. Per Gesù Cristo, con Gesù Cristo, in Gesù Cristo, noi possiamo tutto: rendere ogni onore e gloria al Padre, nell'unità dello Spirito Santo; diventare perfetti ed essere per il nostro prossimo un buon odore di vita eterna.
Se dunque noi stabiliamo la solida devozione della santissima Vergine, ciò è solo per stabilire più perfettamente quella di Gesù Cristo, è solo per dare un mezzo facile e sicuro per trovare Gesù Cristo. Se la devozione alla santissima Vergine allontanasse da Gesù Cristo, bisognerebbe rigettarla come un'illusione del diavolo; ma è esattamente il contrario, come ho già mostrato e mostrerò ancora in seguito: questa devozione è necessaria proprio per trovare Gesù Cristo perfettamente e amarlo teneramente e servirlo fedelmente.
Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso». [...]
Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo». Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio». [...]
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà». E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti. E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina».
L'IMITAZIONE DI CRISTO E IL DISPREZZO DI TUTTE LE VANITA' DEL MONDO
"Chi segue me non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12), dice il Signore. Sono parole di Cristo, le quali ci esortano ad imitare la sua vita e la sua condotta, se vogliamo essere veramente illuminati e liberati da ogni cecità interiore. Dunque, la nostra massima preoccupazione sia quella di meditare sulla vita di Gesù Cristo. Già l'insegnamento di Cristo è eccellente, e supera quello di tutti i santi; e chi fosse forte nello spirito vi troverebbe una manna nascosta. Ma accade che molta gente trae un ben scarso desiderio del Vangelo dall'averlo anche più volte ascoltato, perché è priva del senso di Cristo. Invece, chi vuole comprendere pienamente e gustare le parole di Cristo deve fare in modo che tutta la sua vita si modelli su Cristo. Che ti serve saper discutere profondamente della Trinità, se non sei umile, e perciò alla Trinità tu dispiaci? Invero, non sono le profonde dissertazioni che fanno santo e giusto l'uomo; ma è la vita virtuosa che lo rende caro a Dio. Preferisco sentire nel cuore la compunzione che saperla definire. Senza l'amore per Dio e senza la sua grazia, a che ti gioverebbe una conoscenza esteriore di tutta la Bibbia e delle dottrine di tutti i filosofi? "Vanità delle vanità, tutto è vanità" (Qo 1,2), fuorché amare Dio e servire lui solo. Questa è la massima sapienza: tendere ai regni celesti, disprezzando questo mondo.
Vanità è dunque ricercare le ricchezze, destinate a finire, e porre in esse le nostre speranze. Vanità è pure ambire agli onori e montare in alta condizione. Vanità è seguire desideri carnali e aspirare a cose, per le quali si debba poi essere gravemente puniti. Vanità è aspirare a vivere a lungo, e darsi poco pensiero di vivere bene. Vanità è occuparsi soltanto della vita presente e non guardare fin d'ora al futuro. Vanità è amare ciò che passa con tutta rapidità e non affrettarsi là, dove dura eterna gioia. Ricordati spesso di quel proverbio: "Non si sazia l'occhio di guardare, né mai l'orecchio è sazio di udire" (Qo 1,8). Fa', dunque, che il tuo cuore sia distolto dall'amore delle cose visibili di quaggiù e che tu sia portato verso le cose di lassù, che non vediamo. Giacché chi va dietro ai propri sensi macchia la propria coscienza e perde la grazia di Dio.
E sedutisi, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei». Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: «Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!». Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: «Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
Imitazione di Cristo: Libro 2, Capitolo 12LA VIA MAESTRA DELLA SANTA CROCE
Per molti è questa una parola dura: rinnega te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù (Mt 16,24; Lc 9,23). Ma sarà molto più duro sentire, alla fine, questa parola: "allontanatevi da me maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25,41). In verità coloro che ora accolgono volonterosamente la parola della croce non avranno timore di sentire, in quel momento, la condanna eterna. Ci sarà nel cielo questo segno della croce, quando il Signore verrà a giudicare. In quel momento si avvicineranno, con grande fiducia, a Cristo giudice tutti i servi della croce, quelli che in vita si conformarono al Crocefisso. Perché, dunque, hai paura di prendere la croce, che è la via per il regno? Nella croce è la salvezza; nella croce è la vita; nella croce è la difesa dal nemico; nella croce è il dono soprannaturale delle dolcezze del cielo; nella croce sta la forza delle mente e la letizia dello spirito; nella croce si assommano le virtù e si fa perfetta la santità. Soltanto nella croce si ha la salvezza dell'anima e la speranza della vita eterna. Prendi, dunque, la tua croce, e segui Gesù; così entrerai nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce (Gv 19,17) ed è morto in croce per te, affinché anche tu portassi la tua croce, e desiderassi di essere anche tu crocefisso. Infatti, se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagni anche nella gloria.
Ecco, tutto dipende dalla croce, tutto è definito con la morte. La sola strada che porti alla vita e alla vera pace interiore, è quella della santa croce e della mortificazione quotidiana. Va' pure dove vuoi, cerca quel che ti piace, ma non troverai, di qua o di là, una strada più alta e più sicura della via della santa croce. Predisponi pure ed ordina ogni cosa, secondo il tuo piacimento e il tuo gusto; ma altro non troverai che dover sopportare qualcosa, o di buona o di cattiva voglia troverai cioè sempre la tua croce. Infatti, o sentirai qualche dolore nel corpo o soffrirai nell'anima qualche tribolazione interiore. Talvolta sarà Dio ad abbandonarti, talaltra sarà il prossimo a metterti a dura prova; di più, frequentemente, sarai tu di peso a te stesso. E non potrai trovare conforto e sollievo in alcuno modo; ma dovrai sopportare tutto ciò fino a che a Dio piacerà. Dio, infatti, vuole che tu impari a soffrire tribolazioni senza consolazione, e che ti sottometta interamente a lui, facendoti più umile per mezzo della sofferenza. Nessuno sente così profondamente la passione di Cristo, come colui al quale sia toccato di soffrire cose simili. La croce è, dunque, sempre pronta e ti aspetta dappertutto; dovunque tu corra non puoi sfuggirla, poiché, in qualsiasi luogo tu giunga, porti e trovi sempre te stesso. Volgiti verso l'alto o verso il basso, volgiti fuori o dentro di te, in ogni cosa troverai la croce. In ogni cosa devi saper soffrire, se vuoi avere la pace interiore e meritare il premio eterno.
Se porti la croce di buon animo, sarà essa a portarti e a condurti alla meta desiderata, dove ogni patimento avrà quella fine che quaggiù non può aversi in alcun modo. Se invece la croce tu la porti contro voglia, essa ti peserà; aggraverai te stesso, e tuttavia la dovrai portare, Se scansi una croce, ne troverai senza dubbio un'altra, e forse più grave. Credi forse di poter sfuggire a ciò che nessun mortale poté mai evitare? Quale santo stesse mai in questo mondo senza croce e senza tribolazione? Neppure Gesù Cristo, nostro signore, durante la sua vita, passò una sola ora senza il dolere della passione. "Era necessario - diceva - che il Cristo patisse, e risorgesse da morte per entrare nella sua gloria" (Lc 24,26 e 46). E perché mai tu vai cercando una via diversa da questa via maestra, che è quella della santa croce? Tutta la vita di Cristo fu croce e martirio e tu cerchi per te riposo e gioia? Sbagli, sbagli se cerchi qualcosa d'altro, che non sia il patire tribolazioni; perché tutta questa vita mortale è piena di miseria e segnata tutt'intorno da croci. Spesso, quanto più uno sarà salito in alto progredendo spiritualmente, tanto più pesanti saranno le croci che troverà, giacché la sofferenza del suo esilio su questa terra aumenta insieme con l'amore di Dio.
Tuttavia, costui, in mezzo a tante afflizioni, non manca di consolante sollievo, giacché, sopportando la sua croce, sente crescere in sé un frutto grandissimo; mentre si sottopone alla croce volontariamente, tutto il peso della tribolazione si trasforma in sicura fiducia di conforto divino. Quanto più la carne è prostrata da qualche afflizione, tanto più lo spirito si rafforza per la grazia interiore. Anzi, talvolta, per amore di conformarsi alla croce di Cristo, uno si rafforza talmente, nel desiderare tribolazioni e avversità, da non voler essere privato del dolore e dell'afflizione giacché si sente tanto più accetto a Dio quanto più numerosi e gravosi sono i mali che può sopportare Cristo. Non che ciò avvenga per forza umana, ma per la grazia di Cristo; la quale tanto può e tanto fa, nella nostra fragile carne, da farle affrontare ed amare con fervore di spirito ciò che, per natura, essa fugge e abortisce. Non è secondo la natura umana portare e amare la croce, castigare il corpo e ridurlo in schiavitù, fuggire gli onori, sopportare lietamente le ingiurie, disprezzare se stesso e desiderare di essere disprezzato; infine, soffrire avversità e patimenti, senza desiderare, in alcun modo, che le cose vadano bene quaggiù. Se guardi alle tue forze, non potresti far nulla di tutto questo. Ma se poni la tua fiducia in Dio, ti verrà forza dal cielo, e saranno sottomessi al tuo comando il mondo e la carne. E neppure avrai a temere il diavolo nemico, se sarai armato di fede e porterai per insegna la croce di Cristo. Disponiti dunque, da valoroso e fedele servo di Cristo, a portare virilmente la croce del tuo Signore, crocefisso per amor tuo. Preparati a dover sopportare molte avversità e molti inconvenienti, in questa misera vita. Così sarà infatti per te, dovunque tu sia; questo, in realtà, troverai, dovunque tu ti nasconda. Ed è una necessità che le cose stiano così. Non c'è rimedio o scappatoia dalla tribolazione, dal male o dal dolore, fuor di questo, che tu li sopporti. Se vuoi essere amico del Signore ed essergli compagno, bevi avidamente il suo calice. Quanto alle consolazioni, rimettiti a Dio: faccia lui, con queste, come meglio gli piacerà. Ma, da parte tua, disponiti a sopportare le tribolazioni, considerandole come le consolazioni più grandi; giacché "i patimenti di questa nostra vita terrena", anche se tu li dovessi, da solo, sopportare tutti, "non sono nulla a confronto della conquista della gloria futura" (Rm 8,18).
Quando sarai giunto a questo punto, che la sofferenza ti sia dolce e saporosa per amore di Cristo, allora potrai dire di essere a posto, perché avrai trovato un paradiso in terra. Invece, fino a che il patire ti sia gravoso e tu cerchi di fuggirlo, non sarai a posto: ti terrà dietro dappertutto la serie delle tribolazioni. Ma le cose poi andranno subito meglio, e troverai pace, se ti sottoporrai a ciò che è inevitabile, e cioè a patire e a morire. Anche se tu fossi innalzato fino al terzo cielo, come Paolo, non saresti affatto sicuro, con ciò, di non dover sopportare alcuna contrarietà. "Io gli mostrerò - dice Gesù - quante cose egli debba patire per il mio nomo" (At 9,16). Dunque, se vuoi davvero amare il Signore e servirlo per sempre, soltanto il patire ti rimane. E magari tu fossi degno di soffrire qualcosa per il nome di Gesù! Quale grande gloria ne trarresti; quale esultanza ne avrebbero i santi; e quanto edificazione ne riceverebbero tutti! Saper patire è cosa che tutti esaltano a parole; sono pochi però quelli che vogliono patire davvero. Giustamente dovresti preferire di patire un poco per Cristo, dal momento che molti sopportano cose più gravose per il mondo.
Sappi per certo di dover condurre una vita che muore; sappi che si progredisce nella vita in Dio quanto più si muore a se stessi. Nessuno infatti può comprendere le cose del cielo, se non si adatta a sopportare le avversità per Cristo. Nulla è più gradito a Dio, nulla è più utile per te, in questo mondo, che soffrire lietamente per Cristo. E se ti fosse dato di scegliere, dovresti preferire di sopportare le avversità per amore di Cristo, piuttosto che essere allietato da molte consolazioni; giacché saresti più simile a Cristo e più conforme a tutti i santi. Infatti, il nostro merito e il progresso della nostra condizione non consistono nelle frequenti soavi consolazioni, ma piuttosto nelle pesanti difficoltà e nelle tribolazioni da sopportare. Ché, se ci fosse qualcosa di meglio e di più utile per la salvezza degli uomini, Cristo ce lo avrebbe certamente indicato, con la parola e con l'esempio. Invece egli esortò apertamente i discepoli che stavano con lui, e tutti coloro che desideravano mettersi al suo seguito, dicendo: "Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24; Lc 9,23). Dunque, la conclusione finale, attentamente lette e meditate tutte queste cose, sia questa, "che per entrare nel regno di Dio, occorre passare attraverso molte tribolazioni" (At 14,22).
NEL SACRAMENTO SI MANIFESTANO ALL'UOMO LA GRANDE BONTA' E L'AMORE DI DIO
Parola del discepolo
O Signore, confidando nella tua bontà e nella tua grande misericordia, mi appresso infermo al Salvatore, affamato e assetato alla fonte della vita, povero al re del cielo, servo al Signore, creatura al Creatore, desolato al pietoso mio consolatore. Ma "per qual ragione mi è dato questo, che tu venga a me?" (Lc 1,43). Chi sono io, perché tu ti doni a me; come potrà osare un peccatore di apparirti dinanzi; come ti degnerai di venire ad un peccatore? Ché tu lo conosci, il tuo servo; e sai bene che in lui non c'è alcunché di buono, per cui tu gli dia tutto ciò. Confesso, dunque, la mia pochezza, riconosco la tua bontà, glorifico la tua misericordia e ti ringrazio per il tuo immenso amore. Infatti non è per i miei meriti che fai questo, ma per il tuo amore: perché mi si riveli maggiormente la tua bontà, più grande mi si offra il tuo amore e l'umiltà ne risulti più perfettamente esaltata. Poiché, dunque, questo ti è caro, e così tu comandasti che si facesse, anche a me è cara questa tua degnazione. E voglia il Cielo che a questo non sia di ostacolo la mia iniquità.
Gesù, pieno di dolcezza e di benignità, quanta venerazione ti dobbiamo, e gratitudine e lode incessante, per il fatto che riceviamo il tuo santo corpo, la cui grandezza nessuno può comprendere pienamente. Ma quali saranno i miei pensieri in questa comunione con te, in questo avvicinarmi al mio Signore; al mio Signore che non riesco a venerare nella misura dovuta e che tuttavia desidero accogliere devotamente? Quale pensiero più opportuno e più salutare di quello di abbassarmi totalmente di fronte a te, esaltando, su di me la tua bontà infinita? Ti glorifico, o mio Dio, e ti esalto in eterno; disprezzo me stesso, sottoponendomi a te, dal profondo della mia pochezza. Ecco, tu sei il santo dei santi, ed io una sozzura di peccati. Ecco, tu ti abbassi verso di me, che non sono degno neppure di rivolgerti lo sguardo. Ecco, tu vieni a me, vuoi stare con me, mi inviti al tuo banchetto; tu mi vuoi dare il cibo celeste, mi vuoi dare da mangiare il pane degli angeli: nient'altro, veramente, che te stesso, "pane vivo, che sei disceso dal cielo e dai la vita al mondo (Gv 6,33.51). Se consideriamo da dove parte questo amore, quale degnazione ci appare; quanto profondi ringraziamenti e quante lodi ti si debbono!
Quanto fu utile per la nostra salvezza il tuo disegno, quando hai istituito questo sacramento; come è soave e lieto questo banchetto, nel quale hai dato in cibo te stesso! Come è ammirabile questo che tu fai; come è efficace la tua potenza e infallibile la tua verità. Infatti, hai parlato "e le cose furono" (Sal 148, 5); e fu anche questo sacramento, che tu hai comandato. Mirabile cosa, degna della nostra fede; cosa che oltrepassa la umana comprensione che tu, o Signore Dio mio, vero Dio e uomo, sia tutto sotto quella piccola apparenza del pane e del vino; e che tu sia mangiato senza essere consumato. "Tu, o Signore di tutti", che, di nessuno avendo bisogno, hai voluto, per mezzo del Sacramento, abitare fra noi (2 Mac 14,35), conserva immacolato il mio cuore e il mio corpo, affinché io possa celebrare sovente i tuoi misteri, con lieta e pura coscienza; e possa ricevere, a mia salvezza eterna, ciò che tu hai stabilito e istituito massimamente a tua glorificazione e perenne memoria di te.
Rallegrati, anima mia, e rendi grazie a Dio per un dono così sublime, per un conforto così straordinario, lasciato a te in questa valle di lacrime. In verità, ogni qualvolta medito questo mistero e ricevi il corpo di Cristo, lavori alla tua redenzione e ti rendi partecipe di tutti i meriti di Cristo. Mai non viene meno, infatti, l'amore di Cristo; né si esaurisce la grandezza della sua intercessione. E' dunque con animo sempre rinnovato che ti devi disporre a questo Sacramento; è con attenta riflessione che devi meditare il mistero della salvezza. E quando celebri la Messa, o l'ascolti, ciò deve apparirti un fatto così grande, così straordinario e così pieno di gioia, come se, in quello stesso giorno, scendendo nel seno della Vergine, Cristo si facesse uomo, patisse e morisse pendendo dalla croce.
L'AMORE DI GESU' SOPRA OGNI COSA
Beato colui che comprende che cosa voglia dire amare Gesù e disprezzare se stesso per Gesù. Si deve lasciare ogni persona amata, per colui che merita tutto il nostro amore: Gesù esige di essere amato, lui solo, sopra ogni cosa. Ingannevole e incostante è l'amore della creatura; fedele e durevole è l'amore di Gesù. Chi s'attacca alla creatura cadrà con la creatura, che facilmente vien meno; chi abbraccia Gesù troverà saldezza per sempre. Ama e tienti amico colui che, quando tutti se ne andranno, non ti abbandonerà, né permetterà che, alla fine, tu abbia a perire. Che tu lo voglia oppure no, dovrai un giorno separarti da tutti; tienti dunque stretto, in vita e in morte, a Gesù, e affidati alla fedeltà di lui, che solo ti potrà aiutare allorché gli altri ti verranno meno.
Per sua natura, Gesù, tuo amore, è tale da non permettere che tu ami altra cosa; egli vuole possedere da solo il tuo cuore, e starvi come un re sul suo trono. Di buon grado Gesù starà presso di te, se tu saprai liberarti perfettamente da ogni creatura. Qualunque fiducia tu abbia posto negli uomini, escludendo Gesù, ti risulterà quasi del tutto buttata via. Non affidarti o appoggiarti ad una canna, che si piega al vento, perché "ogni carne è come fieno e ogni suo splendore cadrà come il fiore del fieno" (1Pt 1,24). Se guarderai soltanto alle esterne apparenze umane, sarai tosto ingannato. E se cercherai consolazione e profitto negli altri, ne sentirai molto spesso un danno. Se cercherai in ogni cosa Gesù, troverai certamente Gesù. Se invece cercherai te stesso, troverai ancora te stesso, ma con tua rovina. Infatti, se non cerca Gesù, l'uomo nuoce a se stesso, più che non possano nuocergli i suoi nemici e il mondo intero.
Pratiche interiori
Oltre alle pratiche esteriori appena riportate, che non bisogna trascurare né per negligenza né per disprezzo, quanto lo stato e la condizione di ciascuno lo permette, ecco delle pratiche interiori molto santificanti per quelli che lo Spirito Santo chiama a un'alta perfezione.
Si tratta, in breve, di fare tutte le proprie azioni PER MEZZO DI MARIA, CON MARIA, IN MARIA e PER MARIA, per farle più perfettamente per mezzo di Gesù Cristo, con Gesù Cristo, in Gesù e per Gesù.
Per mezzo di Maria
1) Bisogna fare le proprie azioni per mezzo di Maria, cioè bisogna che obbediscano in ogni cosa alla santissima Vergine, e che siano guidati in ogni cosa dal suo spirito, che è lo Spirito Santo di Dio. «Quelli che sono guidati dallo spirito di Dio sono figli di Dio» (Rm 8,14). Quelli che sono guidati dallo spirito di Maria sono figli di Maria, e, di conseguenza, figli di Dio, come abbiamo mostrato, e tra tanti devoti della santa Vergine, sono veri e fedeli devoti solo quelli che sono guidati dal suo spirito. Ho detto che lo spirito di Maria è lo spirito di Dio, perché ella non è mai stata guidata dal suo proprio spirito, ma sempre dallo spirito di Dio, che se ne è talmente impadronito da divenire il suo proprio spirito. Per questo sant'Ambrogio dice: «L'anima di Maria sia in ciascuno per magnificare il Signore; lo spirito di Maria sia in ciascuno per esultare in Dio». Quanto è felice un'anima quando, sull'esempio del buon fratello gesuita Rodriguez, morto in odore di santità, è tutta posseduta e governata dallo spirito di Maria, che è uno spirito dolce e forte, zelante e prudente, umile e coraggioso, puro e fecondo!
Affinché l'anima si lasci guidare da questo spirito di Maria, bisogna: 1) Rinunciare al proprio spirito, alle proprie vedute e volontà prima di fare qualcosa: per esempio, prima di pregare, di dire o ascoltare la santa Messa, di comunicarsi, ecc.; perché le tenebre del nostro spirito e la malizia della nostra volontà e del nostro agire, se le seguiamo, anche se ci sembrano buone, ostacolano lo spirito di Maria. 2) Bisogna abbandonarsi allo spirito di Maria per esserne mossi e guidati nel modo che lei vorrà. Bisogna mettersi e abbandonarsi nelle sue mani verginali, come uno strumento nelle mani dell'artista, come un liuto nelle mani di un buon suonatore. Bisogna perdersi e abbandonarsi in lei, come una pietra che si getta nel mare: si fa semplicemente e in un istante, con una sola occhiata dello spirito, con un piccolo movimento della volontà, o verbalmente, dicendo, per esempio: «Rinuncio a me stesso, mi dono a te, mia cara Madre». E anche se non si sente alcuna dolcezza sensibile in questo atto di unione, è comunque reale; proprio come se si dicesse, Dio non voglia: «Mi dono al diavolo», con altrettanta sincerità, benché lo si dicesse senza alcun mutamento sensibile, si sarebbe comunque realmente del diavolo. 3) Bisogna di quando in quando, durante e dopo le proprie azioni, rinnovare lo stesso atto di offerta e di unione; più lo si farà, più presto ci si santificherà e più presto si giungerà all'unione con Gesù Cristo, che segue sempre necessariamente l'unione con Maria, poiché lo spirito di Maria è lo spirito di Gesù.
Con Maria
2) Bisogna fare le proprie azioni con Maria: cioè bisogna, nelle proprie azioni, considerare Maria come un modello perfetto di ogni virtù e perfezione che lo Spirito Santo ha formato in una semplice creatura, per imitarla secondo la nostra piccola capacità. Bisogna quindi che in ogni azione consideriamo come Maria l'ha fatta o la farebbe, se fosse al nostro posto. Dobbiamo per questo esaminare e meditare le grandi virtù che ha praticato durante la sua vita, particolarmente: 1) la sua fede viva, con la quale ha creduto senza esitare alla parola dell'angelo; ha creduto fedelmente e costantemente fino ai piedi della croce sul Calvario; 2) la sua umiltà profonda, che l'ha fatta nascondersi, tacere, sottomettersi a tutto e mettersi all'ultimo posto; 3) la sua purezza tutta divina, che non ha mai avuto né avrà mai l'uguale sotto il cielo, e infine tutte le sue altre virtù.
Si ricordi, lo ripeto una seconda volta, che Maria è il grande e l'unico stampo di Dio, adatto a fare immagini viventi di Dio, con poca spesa e in poco tempo; e che un'anima che ha trovato questo stampo e vi si perde, è presto cambiata in Gesù Cristo, che questo stampo riproduce al naturale.
IL CORPO DI CRISTO E LA SACRA SCRITTURA MASSIMAMENTE NECESSARI ALL'ANIMA DEVOTA
Parola del discepolo
O soave Signore Gesù, quanto è dolce all'anima devota sedere alla tua mensa, al tuo convito, nel quale le viene presentato come cibo nient'altro all'infuori di te, unico suo amato, desiderabile più di ogni desiderio del suo cuore. Anche per me sarebbe cosa soave sciogliermi in pianto, con profonda commozione, dinanzi a te, e, con la Maddalena amorosa, bagnare di lacrime i tuoi piedi. Ma dove è tanto slancio di devozione; dove è una tale profusione di lacrime sante? Eppure, alla tua presenza e alla presenza dei tuoi angeli, dovrei ardere tutto nell'intimo e piangere di gioia; giacché nel Sacramento ti possiedo veramente presente, per quanto nascosto sotto altra apparenza. Infatti i miei occhi non ti potrebbero sostenere, nella tua luce divina; anzi neppure il mondo intero potrebbe sussistere, dinanzi al fulgore della tua maestà. Tu vieni incontro, dunque, alla mia debolezza, nascondendoti sotto il Sacramento. Possiedo veramente ed adoro colui che gli angeli adorano in cielo. Io lo adoro per ora nella fede; gli angeli, invece, faccia a faccia, senza alcun velo. Io devo starmene nel lume della fede, e camminare in essa, finché appaia il giorno dell'eterna luce e venga meno il velo delle figure simboliche (cf. Ct 2,17; 4,6). "Quando poi verrà il compimento di tutte le cose" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei segni sacramentali. Nella gloria del cielo, i beati non hanno bisogno infatti del rimedio dei sacramenti: il loro gaudio non ha termine, essendo essi alla presenza di Dio, vedendo essi, faccia a faccia, la sua gloria. Passano di luce in luce fino agli abissi della divinità, e gustano appieno il verbo di Dio fatto carne, quale fu all'inizio e quale rimane in eterno. Conscio di queste cose meravigliose, trovo molesta persino ogni consolazione spirituale: infatti tutto ciò che vedo e odo quaggiù lo considero un niente, fino a che non veda manifestamente il mio Signore, nella sua gloria. Tu mi sei testimone, o Dio, che non c'è cosa che mi possa dare conforto, non c'è creatura che mi possa dare contentezza, all'infuori di te, che bramo contemplare in eterno. Ma ciò non è possibile mentre sono in questa vita mortale; e perciò occorre che mi rassegni a una grande pazienza e mi sottometta a te in tutti i miei desideri. Anche i tuoi santi, o Signore, che ora esultano in te nel regno dei cieli, aspettarono l'evento della tua gloria, mentre erano in questa vita, con fede e con pazienza grande. Ciò che essi credettero, credo anch'io; ciò che essi sperarono, spero anch'io; dove essi giunsero, confido, per la tua grazia, di giungere anch'io. Frattanto, camminerò nella fede, irrobustito dagli esempi dei santi. Terrò poi, "come conforto" (1Mac 12,9) e specchio di vita, i libri santi; soprattutto terrò, come unico rimedio e come rifugio, il tuo Corpo santissimo.
In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me, quaggiù; senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe insopportabile. Trattenuto nel carcere di questo corpo, di due cose riconosco di avere bisogno, cioè di alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi "la tua parola" (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce dell'anima e il tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero queste due cose. Le quali potrebbero essere intese come le "due mense" (Ez 40,40) poste da una parte e dall'altra nel prezioso tempio della santa Chiesa; una, la mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di Cristo; l'altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa dottrina, maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo del tempio, al sancta sanctorum (Eb 6,19s; 9,3).
Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di eterna luce, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai preparato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori. Ti siano rese grazie, Creatore e Redentore degli uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo amore, hai preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue, inebriando tutti i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli di letizia al tuo convito: il convito che compendia tutte le delizie del paradiso e nel quale banchettano con noi, e con più dolce soavità, gli angeli santi. Quale grandezza, quale onore, nell'ufficio dei sacerdoti, ai quali è dato di consacrare, con le sacre parole, il Signore altissimo; di benedirlo con le proprie labbra, di tenerlo con le proprie mani; di nutrirsene con la propria bocca e di distribuirlo agli altri. Quanto devono essere pure quelle mani; quanto deve essere pura la bocca, e santo il corpo e immacolato il cuore del sacerdote, nel quale entra tante volte l'autore della purezza. Non una parola, che non sia santa, degna e buona, deve venire dalle labbra del sacerdote, che riceve così spesso il Sacramento; semplici e pudichi devono essere gli occhi di lui, che abitualmente sono fissi alla visione del corpo di Cristo; pure ed elevate al cielo devono essere le mani di lui, che sovente toccano il Creatore del cielo e della terra. E' proprio per i sacerdoti che è detto nella legge: "siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Onnipotente Iddio, venga in nostro soccorso la tua grazia, affinché noi, che abbiamo assunto l'ufficio sacerdotale, sappiamo stare intimamente vicini a te, in modo degno, con devozione, in grande purezza di cuore e con coscienza irreprensibile. Che se non possiamo mantenerci in così piena innocenza di vita, come dovremmo, almeno concedi a noi di piangere sinceramente il male che abbiamo compiuto; concedi a noi di servirti, per l'avvenire, più fervorosamente, in spirito di umiltà e con proposito di buona volontà.
In Maria
Bisogna fare le proprie azioni in Maria. Per ben comprendere questa pratica bisogna sapere: 1) che la santissima Vergine è il vero paradiso terrestre del nuovo Adamo, e che l'antico paradiso terrestre non ne era che la figura. Vi sono dunque, in questo paradiso terrestre, ricchezze, bellezze, rarità e dolcezze inesplicabili, che il nuovo Adamo, Gesù Cristo, vi ha lasciato. È in questo paradiso che si è compiaciuto per nove mesi, che ha operato le sue meraviglie e che ha mostrato le sue ricchezze con la magnificenza di un Dio. Questo santissimo luogo è composto unicamente da una terra vergine e immacolata, dalla quale è stato formato e nutrito il nuovo Adamo, senza alcuna macchia, per opera dello Spirito Santo, che vi abita. È in questo paradiso terrestre che si trova veramente l'albero della vita che ha portato Gesù Cristo, il frutto di vita; l'albero della scienza del bene e del male che ha dato la luce al mondo. Vi sono, in questo luogo divino, alberi piantati dalla mano di Dio e irrigati dalla sua unzione divina, che hanno portato e portano ogni giorno frutti di un sapore divino; vi sono aiuole smaltate di belli e differenti fiori di virtù, che emanano un profumo che delizia anche gli angeli. Vi sono in questo luogo prati verdi di speranza, torri inespugnabili di fortezza, case incantevoli di fiducia, ecc. Solo lo Spirito Santo può far conoscere la verità nascosta sotto queste figure di cose materiali. C'è in questo luogo un'aria pura, non infetta, di purezza; un bel giorno, senza notte, dell'umanità santa; un bel sole, senza ombra, della Divinità; una fornace ardente e perenne di carità, dove tutto il ferro che vi è messo è infocato e cambiato in oro; c'è un fiume di umiltà che sgorga dalla terra e, dividendosi in quattro rami, irriga tutto questo luogo incantato: sono le quattro virtù cardinali.
2) Lo Spirito Santo, per bocca dei santi Padri, chiama anche la santa Vergine: 1) la porta orientale, per la quale il sommo sacerdote Gesù Cristo entra ed esce nel mondo; vi è entrato la prima volta per mezzo di lei e vi verrà la seconda; 2) il santuario della Divinità, il riposo della Santissima Trinità, il trono di Dio, la città di Dio, l'altare di Dio, il tempio di Dio, il mondo di Dio. Tutti questi differenti titoli e lodi sono verissimi, rispetto alle differenti meraviglie e grazie che l'Altissimo ha operato in Maria. Oh! che ricchezze! Oh! che gloria! Oh! che gioia! Oh! che felicità poter entrare e dimorare in Maria, dove l'Altissimo ha posto il trono della sua gloria suprema!
Ma quanto è difficile a dei peccatori come siamo noi avere il permesso e la capacità e la luce per entrare in un luogo così alto e così santo, che è custodito non da un cherubino, come l'antico paradiso terrestre, ma dallo Spirito Santo stesso che ne è divenuto il padrone assoluto, della quale dice: «Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fonte sigillata» (Ct 4,12). Maria è chiusa; Maria è sigillata; i miseri figli di Adamo ed Eva, cacciati dal paradiso terrestre, possono entrarvi solo per una grazia particolare dello Spirito Santo, che devono meritare.
Dopo che, con la propria fedeltà, si è ottenuta questa grazia insigne, bisogna dimorare nel bell'interno di Maria con compiacenza, riposarsi in pace, appoggiarsi con fiducia, nascondersi con sicurezza e perdersi senza riserve, affinché in questo seno verginale: 1) l'anima sia nutrita del latte della sua grazia e della sua misericordia materna; 2) sia liberata dai suoi turbamenti, timori e scrupoli; 3) sia al sicuro da tutti i suoi nemici, il demonio, il mondo e il peccato, che non vi hanno mai avuto accesso: per questo ella dice che quelli che operano in lei non peccheranno: «Chi opera in me non peccherà» (Sir 24,21), cioè quelli che dimorano nella santa Vergine in spirito non faranno peccati rilevanti; 4) affinché sia formata in Gesù Cristo e Gesù Cristo sia formato in lei: perché il suo seno è, come dicono i Padri, la sala dei segreti divini, dove sono stati formati Gesù Cristo e tutti gli eletti: «L'uno e l'altro è nato in essa» (Sal 87,5).
Per Maria
4) Infine bisogna fare tutte le proprie azioni per Maria. Perché, siccome ci si è consacrati interamente al suo servizio, è giusto che si faccia tutto per lei come un domestico, un servo e uno schiavo; non che la si consideri il fine ultimo dei propri servizi, che è solo Gesù Cristo, ma il proprio fine prossimo, il proprio intermediario misterioso e il proprio mezzo facile per andare a lui. Come un buon servo e schiavo, non bisogna rimanere oziosi; ma bisogna, sostenuti dalla sua protezione, intraprendere e fare grandi cose per questa augusta Sovrana. Bisogna difendere i suoi privilegi quando sono messi in discussione; bisogna difendere la sua gloria quando è attaccata; bisogna attirare tutti, potendolo, al suo servizio e a questa vera e solida devozione; bisogna parlare e gridare contro quelli che abusano della sua devozione per oltraggiare suo Figlio, e nello stesso tempo stabilire questa vera devozione; non bisogna pretendere da lei, come ricompensa dei propri piccoli servizi, che l'onore di appartenere a una così amabile Principessa e la felicità di essere per mezzo di lei uniti a Gesù, suo Figlio, con un legame indissolubile nel tempo e nell'eternità.